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Il 2 giugno del 1946 le donne giunsero al voto per il referendum che rese l’Italia una Repubblica e che votò la Costituente. L’inizio della storia repubblicana e l’inizio della strada per la parità su cui ci rimane molto da percorrere.
2 giugno del 1946: le donne al voto per la prima volta
Il 2 giugno del 1946 un referendum dichiarò la Repubblica. Una data importantissima per la storia del nostro Paese, e una data fondamentale per la storia delle donne italiane. Il 2 giugno fu la prima occasione in cui le donne andarono al voto. Una sconfitta della monarchia che significò anche una partecipazione attiva delle donne al destino del Paese.
Un capitolo della nostra storia anche molto difficile. Erano tempi in cui parlare di diritti alle donne era ancora vista come azione anti-sistema e non per-il sistema. Ciò lo testimonia il fatto che vi erano molti dubbi sull’estensione del diritto di voto alle donne per il referendum del ’46. Testimonianze storiche confermano che il timore del voto alle donne non era meramente legato alla questione emancipazione. Si temeva anche che le elettrici finissero per votare in massa la monarchia, o in generale, orientandosi verso la Democrazia cristiana.
Una doppia celebrazione
La ricorrenza del 2 giugno è dunque fondamentale nella storia del nostro Paese in quanto si rivela una data dalla doppia celebrazione. La Repubblica trionfa al referendum. Si mette per sempre fine all’esperienza monarchica italiana con risvolti che renderanno l’Italia una delle democrazie più ammirate al mondo. E le donne, in occasione del referendum, varcheranno le soglie delle aree di voto a cui erano state assegnate. Per la prima volta. Un doppio anniversario: la Repubblica e il suffragio femminile.
La Repubblica non avrebbe potuto essere tale senza la partecipazione di tutta la popolazione. Compresa quella parte di popolazione che ha dato un enorme contributo al proprio Paese durante le due guerre. Le donne hanno lavorato nelle fabbriche, aiutato i militari sul fronte, garantito in sinergia che il Paese non si fermasse nonostante i bombardamenti che scandivano quei tempi bui.
Le donne sono state anche partigiane. Rischiando la vita giorno dopo giorno, non soltanto per un’ideale. Ma anche per la visione concreta di un futuro per l’Italia, un futuro diverso dal presente in cui esse stesse si trovavano.
Come si giunse al voto delle donne? La storia
Il voto alle donne venne approvato durante il secondo governo Bonomi nel febbraio 1945, grazie ad un accordo tra Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. Tuttavia, fu nel marzo del 1946 che le donne ottennero gli stessi diritti politici degli uomini. Diritti di elettorato attivo e passivo e, per questo, votarono poi per le amministrative. Il diritto di voto fu concesso alle donne che avessero compiuto i 21 anni alla data del 31 dicembre 1944, ovvero raggiunta la maggiore età dell’epoca. Le uniche escluse erano le prostitute che esercitavano al di fuori delle case chiuse.
Dopo ardue decisioni ed accordi politici, il 2 giugno del 1946 giunse e con esso giunse appunto il referendum concordato da tutte le forze politiche in campo. Il 2 giugno si votò per il referendum ma anche per l’Assemblea Costituente. La partecipazione fu fra le più fitte della storia: ai seggi si accalcavano persone, l’89,1 per cento degli italiani andò a votare. E fra essi, per la prima volta le donne.
Col referendum, l’Italia istituzionalizzò la Repubblica ritrovando la sua indole dopo il ventennio fascista. Vinse la Repubblica, un esito che lasciò non poche perplessità sull’Italia. Furono i votanti del Nord in predominanza a votare per la Repubblica, delineando una frattura nel Paese. Gli esiti elettorali determinarono poi la storia politica a venire. La Dc s’impose come primo partito (35,21%), quasi il doppio dei voti del Pci (18,93).