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Il 25 Aprile, per la ricorrenza della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, c’è sempre una parte di storia che viene taciuta e poco approfondita: la storia delle donne che furono protagoniste della Resistenza. Il racconto dei partigiani è un pezzo di storia sempre declinato al maschile, o almeno così ci viene presentato nei libri di storia, ma, pur senza ottenere gli stessi riconoscimenti, anche le donne furono in prima linea nella lotta al nazifascismo e, per questo, proprio il 25 Aprile vanno ricordate.
25 Aprile: la Resistenza celata delle donne
In un momento così cruciale per la storia italiana, furono tante le donne che lasciarono la sicurezza delle loro vite, uscirono dalle cucine, lasciarono la cura delle proprie famiglie, i posti di lavoro, si ribellarono e andarono a marciare per il pane e la libertà, ma il loro compito non si esaurì qui. In tante parteciparono in prima fila, fianco a fianco con gli uomini, alla lotta armata per la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Nonostante ciò, il contributo femminile alla lotta di Liberazione risulta spesso dimenticato.
Dallo sciopero per il pane alla lotta armata
L’ingresso delle donne nel movimento di Liberazione viene fatto risalire al 1941, in occasione di quello che passò alla storia come lo sciopero della fame. A Parma, il 16 ottobre, durante una violenta rivolta in seguito all’ulteriore diminuzione giornaliera della razione individuale di pane, le donne assaltarono un furgone della Barilla che trasportava un carico di pane. Non appena si sparse la notizia, altre donne uscirono dalle fabbriche e formarono dei cortei spontanei in molte vie della città, altre invece organizzarono le operaie e le casalinghe che manifestarono numerosissime.
Da quel momento sempre più donne entrarono attivamente tra le file della Resistenza, sia in quella civile che nella lotta armata. Furono sempre le donne che impedirono i rastrellamenti degli uomini nella Napoli occupata del settembre 1943 innescando la miccia dell’insurrezione cittadina. E furono ancora le donne, in particolare le donne di Carrara, che nel luglio 1944 resistettero agli ordini di sfollamento totale impedendo ai tedeschi di ritirarsi.
Il ruolo delle donne nella lotta per la Liberazione
Nonostante tutto ciò la storia spesso se ne dimentica e cancella i loro nomi dai racconti di quel periodo. Il motivo è nella specificità dei ruoli ricoperti dalle donne, spesso dietro le quinte. Le donne, infatti, si fecero carico, durante la lotta armata, principalmente di aspetti di logistica, organizzazione e comunicazione.
La Resistenza, infatti, non si fece solo con i fucili, e proprio le donne ne sono testimonianza. Furono le donne, per esempio a occuparsi della propaganda: dell’attacchinaggio dei manifesti, della distribuzione di volantini, dell’approntamento di documenti falsi. Prepararono i rifugi, e i luoghi di ricovero per i partigiani. Spesso le donne ebbero funzione di infermiere.
Organizzarono il trasporto di munizioni, armi, esplosivi, procurarono gli indumenti. Si incaricarono del delicato passaggio delle informazioni divenendo un essenziale collegamento tra le brigate. La presenza femminile fu particolarmente alta nei Gruppi di Azione Partigiana (GAP) e nelle Squadre d’Azione Partigiana (SAP). Le staffette superavano le linee tedesche per portare i messaggi da una parte all’altra dei fronti di combattimento e permettevano la trasmissione di ordini, informazioni, la consegna di beni alimentari, medicine, armi, munizioni e stampa clandestina. Questo perché le donne erano meno soggette ai rastrellamenti e potevano circolare, a piedi o in bicicletta, senza destare eccessivi sospetti.
Ma non per questo vennero risparmiate. In tante vennero torturate, stuprate e uccise, perché solitamente non giravano armate e quindi si trovavano nell’impossibilità materiale di difendersi.
Un’altra iniziativa importante prevalentemente gestita da donne fu il Soccorso rosso, una sorta di organizzazione di mutua assistenza con la funzione di reperire viveri o denaro per le famiglie dei militanti in difficoltà.
25 Aprile: i nomi delle donne combattenti durante la Resistenza
35000, secondo alcuni calcoli fatti dall’Anpi, furono le partigiane combattenti. Ma a questi si aggiungono tutti i nomi di quelle donne incredibili, operaie, casalinghe, contadine, studentesse, insegnanti, impiegate, intellettuali, artiste che armate o disarmate, presero parte alla Resistenza attivamente.
C’erano Giovanna Marturano, «La bimba col pugno chiuso», Irma Bandiera, staffetta nella 7° GAP che divenne combattente con il soprannome di “Mimma”, Ondina Peteani, spedita ad Auschwitz l’11 febbraio 1944 ma da cui riesce a fuggire, «Edera», Francesca De Giovanni, che gridò ai suoi assassini: «Tremate. Anche una ragazza vi fa paura».
E poi c’erano ancora Lidia Beccaria Rolfi, Rita Rosani, Elsa Pelizzari, Maria Boschi, Aldina Franzosi, Teresa Mattei, Iris Versari, Cleonice Tomassetti, Carla Capponi, Vinka Kitarovic, Enrichetta Alfieri, Laura Francesca Wronowsky. E molti altri nomi fondamentali, rimasti ingiustamente avvolti nel silenzio, ma che non bisogna dimenticare.