"Francamente me ne infischio", programma condotto da Adriano Celentano nel 1999, è stato l'ultimo format italiano premiato al festival ''La Rose d'Or de Montreux'', l'Oscar dei Format televisivi.
Nell'edizione del 2001 ha ricevuto la Rosa d'argento per la categoria Variety.
(Le schede dei 72 format candidati quest'anno si possono leggere in questo Speciale Oscar dei Format 2007: distribuite nei vari post, sono fino ad oggi disponibili 42 schede su 72)
"Francamente me ne infischio" rubava il titolo ad una famosa frase pronunciata da Clark Gable/Rhett Butler in 'Via col vento', film notoriamente citato pure da Bruno Vespa nella sigla di Porta a Porta.
Era uno "one man show" vampirizzato dalla personalità artistica di Celentano, l'unico che riesce a ribaltare il ritmo esaltando il linguaggio televisivo.
Nella sua "pausa con il programma intorno", Adriano affermava cretinate colossali (non ho detto "cazzate" per non urtare la sensibilità dei tanti bambini che leggono questo post in fascia protetta, subito dopo aver visto la fatina Clerici e i suoi magici cuochi).
Cretinate, almeno fino a quando non le ha convertite in oro il grande Re Mida della Tv, Diego Cugia.
La portata della sua banalità la si può apprezzare nell'intervista filmata su a David Bowie, tratta proprio da quel programma, in cui assegna al grande rocker la carica di ministro britannico contro la guerra nel mondo (quello italiano è ovviamente lui, che ha sottratto il prestigioso dicastero ad un paziente ricoverato nel reparto psichiatrico del San Raffaele!).
Eppure il suo monologus interruptus ha sbaragliato l'auditel: a dimostrazione che la logica dell'intrattenimento tv è diversa dalla logica dell'intelligenza ordinaria, e che gli intellettuali farebbero bene ad imparare da maestri "ignoranti" come Celentano il vocabolario e la grammatica "specifiche" della tv, prima di avventurarsi in critiche fuori luogo.
Questo format premiato con l'Oscar d'argento è stato valutato da 4 osservatori su CaffeEuropa.it.
Il primo è Diego Cugia, autore succitato che collaborava con quella trasmissione in modo parziale.
Lo sceneggiatore e scrittore Vincenzo Cerami, il critico tv Aldo Grasso e il narratore Nico Orengo fanno invece un confronto tra i due one man show di quell'annata televisiva, questo di Celentano e C'era un ragazzo di Gianni Morandi.
Diego Cugia
"In realtà ho solo collaborato alla ricerca degli ospiti e ad alcune trovate.
Francesca Neri ad esempio l'ho voluta io. Tutti in Rai dicevano: non funzionerà mai, è gelida, non bucherà mai lo schermo. Sono bastate poche apparizioni e adesso le arrivano proposte televisive da tutte le parti. Per fortuna lei teme la televisione e come me pensa che vada fatta come evento. Francamente me ne infischio era una grande occasione, è diventata una grande occasione mancata. Rispetto a quello che siamo abituati a vedere in televisione, comunque, era già di un'altra galassia.
Detto questo, penso che Celentano poteva e potrebbe anche osare di più. Il confronto tra me e lui, se c'e' stato, e' stato su questo".
Vincenzo Cerami
"Nonostante i due show di Morandi e Celentano abbiano in comune la figura di un conduttore-cantante che costruisce uno spettacolo di grande impatto, essi sono fra loro differentissimi: Morandi faceva uno show sulla falsariga del varietà tradizionale, con lustrini, sorrisi e atmosfera rassicurante.
Celentano invece usa ingredienti che sono l'esatto contrario di quanto il varietà richiederebbe: atmosfere cupe, messaggi angoscianti, sequenze da incubo. Le immagini, scisse dal discorso, sono anzi il vero elemento trainante, con il loro effetto che sconcerta, inorridisce e spaventa. Non parlerei, tuttavia, di un nuovo tipo di televisione nazionalpopolare. Direi invece che sia Morandi che Celentano usano la tv in tutte le sue potenzialità, buone e cattive, e dunque attirano ogni tipo di pubblico".
Aldo Grasso
"Il successo di Morandi e di Celentano mi pare dovuto tanto alla grande personalità dei due conduttori quanto alle loro canzoni e al fatto che presentatore e cantante siano la stessa persona. Detto questo, va precisato che le differenze sono enormi. Morandi vuole apparire bonario, paterno e rassicurante. Celentano vuole sbalordire, a volte scandalizzare lo spettatore. Tuttavia sia Celentano che Morandi non inventano niente di televisivamente nuovo: il loro modello risale agli spettacoli di Falqui e Sacerdoti come 'Studio Uno', con la sola, notevole innovazione di soppiantare il conduttore tradizionale con una nuova figura di presentatore non professionista".
Nico Orengo
"A mio avviso, non è possibile accomunare lo show di Morandi a quello di Celentano. Morandi, infatti, si rifaceva alla grande esperienza di 'Anima mia' di Fazio e Baglioni, andato in onda nel 1997. Come Fazio e Baglioni raccontavano con garbo e nostalgia gli anni Settanta, Morandi narrava la storia sua e del suo mondo. Celentano, invece, costruisce uno show (a mio avviso ben poco riuscito) che somiglia un po' alle performance di uno scrittore-conduttore come Alessandro Baricco.
C'è forse un elemento soltanto ad avvicinare i due spettacoli, cioè il fatto che sia Morandi che Celentano sfondano i tempi: grazie alle loro bellissime canzoni (sebbene quelle di Morandi mi sembrino un po' invecchiate e inattuali) e al loro modo di intrattenere potrebbero benissimo restare in onda per ore e ore senza mai stancare.
"Quanto al nazionalpopolare, non credo proprio che si possa parlare, per Morandi e Celentano, di un target più colto, ad esempio, di quello di 'Domenica in'.
Forse questi due show, a differenza di altri seguitissimi programmi, hanno conquistato una generazione, quella del 68, che abitualmente viene definita più colta ed informata, il che non necessariamente corrisponde a verità.
La pagina di Francamente me ne infischio nell'archivio di Rai Uno