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Ci sono varie immagini stereotipate che colleghiamo alla società Amish: cappellini particolari, cavalli come mezzo di trasporto e pochissima tecnologia sono tra queste. C’è però un retroscena che si conosce poco e che ha portato alla luce un’indagine di Cosmopolitan Uk: gli abusi sessuali sui minori sono un fenomeno preoccupante e frequente.
Amish e la cultura degli stupri
Il numero dei componenti della comunità Amish cresce con una certa rapidità. Nel 2017 gli amish erano più di 318mila tra Stati Uniti, Canada e Svizzera, tre anni dopo solo nelle aree rurali degli USA sono 342mila. Come modo di vestire e di vivere si riconoscono facilmente, sembrano vivere all’antica rifiutando la tecnologia e la modernità, vivono come artigiani e contadini. Già da qualche tempo però a queste caratteristiche risapute della comunità Amish se ne sono aggiunte altre, più oscure. La loro società è ritenuta responsabile di frequenti abusi sessuali su minori, soprattutto all’interno dei nuclei familiari. A rendere pubblici questi lati terribili della comunità Amish ci ha pensato un’inchiesta di Cosmopolitan a cura di Sarah McClure che ha ricostruito attentamente le vicende di alcune vittime. Storie di violenze che iniziano da quando si è bambini, all’interno delle mura domestiche, senza possibilità né di denunciare né di coinvolgere persone esterne alla propria comunità. Storie intrise di omertà quelle di decine di bambini e bambine che hanno subito queste violenze: solo i casi ufficiali di stupri su minori amish avvenuti nei sette stati in cui vive la comunità sono 52. Considerando tutti i casi non accertabili e nascosti ovviamente il numero crescerebbe anche perché da parte dei leader della comunità è imposto il silenzio, anche attraverso minacce e intimidazioni. Le interviste riportate nell’inchiesta dimostrano come ogni vittima ascoltata sia stata dissuasa dal raccontare gli orrori subiti, sembra anche che sia ancora viva la convinzione che le violenze sessuali sui minori debbano rimanere all’interno della famiglia di appartenenza perché non è “cristiano” denunciare un parente e, più in generale, una violenza.
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Una storia particolare raccontata nell’inchiesta è quella che ha come protagonista Sadie, nome di fantasia, che oggi ha 32 anni e che vive in uno stato del Midwest. Sadie ha subito il primo stupro a 9 anni da uno dei fratelli e poi a 12 dal padre con la scusa di “capovolgerle l’utero per renderla fertile”. A partire dai 14 anni ha subito violenze costanti dai fratelli fino ad avere un aborto spontaneo. Ma tante sono le storie simili a quella di Sadie. Come quella di Lizzie Hershberger che a a 14 anni venne assunta da una famiglia Amish per aiutarla nei lavori contadini. Il capofamiglia 27enne la violentò nella stalla e l’ha fatto per altre 25 volte in 5 mesi. Sembra che qualcuno vide quelle scene, ma nessuno la aiutò. L’aggressore ha poi confessato i reati e la Chiesa l’ha perdonato, la vittima invece, Lizzie, è stata derisa e additata come una poco di buono. La comunità Amish ritiene che le vittime siano anch’esse colpevoli perché “partner consenzienti” e che quindi buona parte della responsabilità sia anche loro.
La giustizia e le denunce
Come si può capire l’iter della denuncia non è facile. La vittima si deve scontrare con i pregiudizi e con gli ostacoli dettati da una mentalità chiusa e retrograda. Come prima cosa, non viene dato alcun tipo di educazione sessuale ai bambini o adolescenti, quindi le vittime stesse spesso non capiscono cosa sia stato fatto e non conoscono il loro corpo. Esse provano solo un senso di inadeguatezza e di vergogna anche a causa del limitato accesso agli strumenti tecnologici che invece potrebbero dare più informazioni e quindi consapevolezza. La giustizia poi si basa su regole piuttosto discrezionali e soprattutto molto morbide perché privilegia il perdono alla punizione. Ad esempio, quando emergono degli abusi familiari, come quelli subiti da Sadie, il colpevole viene evitato per 6 settimane ma poi dopo la confessione in chiesa tutta la comunità è obbligata a perdonare. Esistono anche strutture che aiuterebbero le vittime di stupro, sempre gestite da Amish, ma che, secondo le testimonianze raccolte, non servano davvero ad elaborare il trauma. Le consulenze fornite sono basate sui testi biblici e spesso sono dati farmaci tranquillanti come terapia per gli stati emotivi delle vittime.
Tutto questo per fortuna sta lentamente cambiando. Col tempo anche gli Amish sono stati influenzati dal movimento #MeToo e nell’ultimo decennio le denunce sono lentamente aumentate. Cambiare la cultura non è facile, la comunità tende a schierarsi a favore del colpevole, ma si sono formati gruppi e strutture in grado di ascoltare e accogliere le vittime di stupro. In diversi Stati alcuni comitati si mettono in contatto con le autorità locali per riferire e perseguire i casi di stupro e circa due anni fa, Lizzie Hershberger e Dena Schrock (entrambe ex componenti della comunità amish) hanno lanciato Voices of Hope, un’associazione per donne maltrattate. La sensibilità legata al tema della violenza sulle donne sta cambiando, l’urgenza rimane però quella di rieducare le famiglie.
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