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Antonio Machado è noto per aver fatto parte di quella che è chiamata la “Generazione del ’98”, ovvero un gruppo di intellettuali spagnoli decisi a ricostruire una nuova coscienza popolare dopo la guerra ispano-americana.
Scopriamo la sua storia e il suo percorso poetico.
Antonio Machado (Siviglia, 26 luglio 1875 – Collioure, 22 febbraio 1939), è stato un poeta spagnolo. Nasce nella nota città andalusa costretto ad abbandonarla a soli otto anni quando si trasferisce a Madrid insieme alla famiglia.
Qui frequenta la Institución Libre de Enseñanza e si avvicina, una volta cresciuto, agli ambienti teatrali e letterari della città. Si avvicina nei caffè a figure come Miguel de Unamuno o Juan Ramon Jimenez ricevendo continui stimoli.
Durante la sua gioventù parte poi anche per Parigi dove conosce artisti del calibro di Oscar Wilde e Rubén Darío. Proprio in questi anni esordisce con la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Soledades”, continuando però a lavorare come professore. Passano diversi anni prima che esca la sua raccolta più celebre, “Campos de Castilla”, pubblicata per altro nello stesso periodo in cui perde la moglie Leonor.
Alla sua morte decide di tornare in Andalusia dove passa un’esistenza tranquilla dedicandosi al suo lavoro e alla sua passione per la lettura che alterna a lunghe passeggiate.
Nel 1919 si trasferisce vicino Madrid e torna ad essere attivo opponendosi con forza a Primo De Rivera durante la sua dittatura.
Oltre alle poesie realizza anche alcuni testi teatrali insieme al fratello Manuel tra cui si ricordano “Juan de Mañara” e “La Lola se va a los puertos” che ottengono grande successo. In questo periodo entra anche a far parte della Real Academia Española de la Lengua e conosce Pilar, il suo secondo grande amore della vita.
Tutto si complica però con l’arrivo degli anni trenta e quindi la guerra civile a cui assiste interamente prima di morire nel febbraio del 1939.
Della poetica di Machado si possono osservare diversi tratti caratteristici come l’evidente influenza del modernismo che convive con un linguaggio di fatto semplice. Si rivela spesso molto intimo, come nel caso di “Solitudini” che racconta non solo di questa condizione dal punto di vista umano, ma anche degli spazi in cui si vive.
Il paesaggio diventa poi centrale in “Campos de Castilla” con cui per altro si allontana dalla soggettività per lasciare spazio ad una sorte di dimensione storica che ripercorre eventi del passato.
Il suo stile muta poi numerose volte nelle raccolte successive toccando tematiche spesso varie tra loro.
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