Come combattere il tartaro e passare una piacevole mezz’ora musicale
C’è chi riesce a vendersi con grande abilità, millantando ambizioni e traguardi raggiunti senza alcuna remora, e facendo leva su un consenso esibito a gran voce e guadagnato quasi per consapevole suggestione ipnotica auto-inflitta (il cosiddetto mondo degli hipster, vera e propria piaga della scena musicale indipendente italiana).
E poi c’è SiVa, all’anagrafe Simone Vacatello, ex Orchestra dei Sassi, che per presentare il proprio debutto solista decide di giocare al ribasso e si schernisce con un titolo che è tutto un programma, Argomenti che non vi interessano, scritti con i piedi.
Un album, il suo, che non cerca di salvare la cultura italiana in toto né si annuncia come la panacea di tutti i mali dello spirito. Proposta artistica tra mille altre, dotata della stessa dignità, il progetto del cantautore di Pizzo Calabro trapiantato a Roma almeno un vantaggio ce l’ha, e giustamente se ne vanta, non senza schermirsi:
“La musica alternativa fa più cd di quanti ne venda.
Test clinici dimostrano che più del 75% degli artisti alternativi, i dischi, se li danno sulle gengive. Per questo abbiamo inciso degli spazzolini.” Ci troviamo quindi fronte a “Il primo album che combatte il tartaro (e anche un po’ il vinile)“.
Pubblicato dall’etichetta capitolina Lapidarie Incisioni – un nome un programma – il disco non ha la classica forma sferica che tutti consociamo, ma è a tutti gli effetti uno spazzolino inserito in una confezione (curata da Valentino Lulli e Livia Massaccesi) all’interno della quale vi è un codice da inserire sul digitale store dell’etichetta per ricevere il disco in formato mp3.
In ogni caso il disco è presente su Amazon, iTunes, Deezer e compagnia venditrice.
Ma veniamo alle canzoni, quindi, nelle quali Vacatello è affiancato da una squadra di ottimi muscisti: Alessandro Accardi alla batteria, Laura Piccinetti al basso, Daniele Borsato alla chitarra, con la partecipazione di Bernardo Nardini ai flauti e alle tastiere e di Simone “Baggia” Baggiani alla slide guitar e Ilaria Viola e Leila Bahlouri ai cori.
Argomenti che non vi interessano, scritti con i piedi é un album molto vario, dato che nei suoi brani si ascoltano in gran scioltezza pop e rock melodico, blues, esperimenti elettronico-industriali, ballate folk con richiami a standard della tradizione francese, mini epiche in stile anni ’70, sambe jazzate; e anche all’interno delle singole composizioni non sono rari cambi di tempo e di atmosfera, intermezzi demenziali e svolte imprevedibili.
Dopo un paio di ascolti ci si ritrova a canticchiare i ritornelli, immediati e ficcanti, e ogni incipit di canzone attiva una sensazione aurale davvero piacevole.
Dal punto di vista strettamente musicale il lavoro di SiVa è promosso a pieni voti, per quanto in futuro si potrebbe lavorare meglio – e magari di sottrazione – su coretti, effetti sonori e qualche parlato ritmato forse di troppo. Da quello testuale bisogna rilevare come il Nostro sia un gran paraculo, perché puntando tutto sull'(auto)ironia, imbastendo una serie di sketch da vita vissuta, infilando a ripetizione battute ciniche, momenti non-sense e osservazioni sprezzanti si viene invitati a non prendere sul serio quanto si ascolta, mentre invece sotto la patina “cazzara” si nasconde programmatico, l’intento di cantare la condizione dei nostri giorni.
“Volevo dedicare questo pezzo a una persona speciale, ma poi ho cambiato idea“: così si apre l’ultima canzone, quasi a voler negare che sia possibile dare un significato all’atto di far musica; e d’altro canto, per sfuggire all’Angelo della morte, lo stesso cantautore cercherà di convincere il tristo mietitore di non essere un artista, quindi indegno di attenzioni particolari.
Gli amori sfuggono – perché impossibili o passeggeri, come quello dipinto in Filomena (in cui ci si lascia quando si è all’apice, come le grandi band) – in quanto di fondo c’è un tradimento che rende sempre doloroso l’investimento nella realtà.
“Tanto il tradimento arriva per tutti“: ed è quello di Dio, che si dimette dopo appena sei giorni di lavoro e risponde agli sms come un adolescente qualunque, quello stesso Dio cui si allude più e più volte come schermo di un sistema di riferimento ormai perduto; ma a tradire è la quotidianità stessa, che alle profferte sensuali di una francesina fa seguire implacabilmente la delusione, il solito solito dj set, vuoto pneumatico artistico composto da pigre combinazioni adatte a ogni occasione.
Sotto lo strato della boutade, insomma, si cela un’elegia della pienezza dell’esperienza ormai dimenticata. A questo punto la prossima volta SiVa dovrà crederci un po’ di più, dovrà “essere un artista”: lasci che gli altri si mettano in posa, qui c’è qualcuno da prendere sul serio.