Balkissa Chaibou è una giovane ragazza nigerina.
A 12 anni era stata costretta a sposarsi con il cugino nonostante nella vita volesse studiare per diventare medico. Ha lottato per la sua indipendenza e vinto la sua battaglia portando la sua famiglia in tribunale. Ora studia medicina e lotta per i diritti delle donne.
In Niger, solo l’11% delle donne sa leggere e scrivere ma a Balkissa Chaibou piaceva studiare e sognava di fare il medico da grande.
Sogno che sarebbe stato messo a dura prova dalla cultura locale. Balkissa aveva solo 12 anni quando sua mamma le ha presentato come futuro sposo un cugino da poco arrivato in visita dalla Nigeria dove abitava e il matrimonio si è celebrato quattro anni dopo. Il Niger è ancora oggi il paese con il più alto tasso al mondo di matrimoni di ragazze praticamente ancora bambine. Tra i motivi di questa pratica c’è la convinzione che questa riduca i rischi di gravidanza fuori dal matrimonio e, per i genitori di Balkissa che hanno avuto cinque figlie, l’aver promesso in sposa la ragazza a uno dei cugini di famiglia rappresentava un considerevole vantaggio economico.
Inutile dire quanto Balkissa si fosse opposta a questa decisione. “Ho sentito un grande dolore dentro di me, mi si è davvero spezzato il cuore”, racconta la ragazza, “mi son chiesta come fare a uscire da questa situazione”. La madre aveva compreso la sua contrarietà ma non aveva modo di aiutarla, il padre suggerì un compromesso: si sarebbe sposata, ma avrebbe visto il marito solo durante le vacanze finché non avesse finito il liceo.
Disperata, Balkissa parlò dell’accaduto con il preside della sua scuola che era in contatto con il Centro per l’azione giudiziaria e l’azione civile, un’organizzazione non governativa locale che, informata del caso, ha intrapreso una causa legale denunciando un tentativo di matrimonio forzato. Portato in tribunale, lo zio della ragazza negò l’accusa, per poi successivamente minacciare di uccidere la ragazza. “Mi ha detto che mi avrebbe portata in Nigeria, anche in un sacco di plastica se necessario”.
Balkissa fu costretta allora a rifugiarsi in un centro di accoglienza per donne. Il caso fu sottoposto di nuovo in tribunale e solo allora lo zio, temendo questa volta di finire in carcere, si arrese.
Adesso Balkissa ha 19 anni, si è diplomata e frequenta la facoltà di medicina. Partecipa assiduamente alle campagne contro i matrimoni precoci con interventi nelle scuole e incontri con capi tribali e si batte affinché altre ragazze seguano il suo esempio. Balkissa è intervenuta anche al vertice delle Nazioni Unite sulla riduzione della mortalità materna, legata al fenomeno dei matrimoni precoci. “Non sto dicendo che non sia giusto sposarsi – ricorda alle ragazze che incontra – dico di scegliere il momento giusto per farlo.
Lo studio è la vostra unica speranza”. Come dimostra il caso di Balkissa, l’adozione di leggi che puniscono i matrimoni precoci rappresenta un passo avanti, ma solo a condizione che avvengano profondi cambiamenti sociali e culturali. Insieme ad altre grandi donne, come Simone Biles e Alek Wek continua a battersi per l’emancipazione femminile.