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Vissuto soli 21 anni, Goffredo Mameli ha fatto la storia scrivendo quello che è diventato l’inno nazionale della Repubblica Italiana.
Scopriamo la storia della sua vita dalla passione per la poesia al desiderio di rivoluzione.
Goffredo Mameli dei Mannelli (Genova, 5 settembre 1827 – Roma, 6 luglio 1849), è stato un patriota italiano. Cresce in quello che allora era il Regno di Sardegna in una famiglia nobile, elevata a questo titolo per via di Carlo VI d’Asbrugo che fa il trisnonno di Mameli console alla corte sabauda.
Il padre del giovane si distingue come marinaio, diventato poi ammiraglio, e come deputato nel parlamento sardo, mentre la madre è figlia di una famiglia aristocratica.
Queste premesse permettono di capire il genere di infanzia vissuta da Goffredo. Egli infatti frequenta prima le Scuole Pie di Genova e successivamente un collegio della provincia di Savona in cui inizia ad esprimere il suo spirito romantico. Si distingue per un grande talento per la scrittura iniziando a comporre i suoi primi versi da molto giovane.
Sempre in questi anni viene mosso da un grande spirito patriottico che lo porta a prendere parte ai movimenti rivoluzionari.
Durante le manifestazioni inizia anche a comporre alcuni versi e canti tra cui “Ai fratelli Bandiera” e “Dio e il popolo”, che ha ottenuto grande successo tra colleghi tra cui Giosuè Carducci. Nel 1847 compone il “Canto degli italiani”, successivamente mutato in “Inno di Mameli”.
A nemmeno venti anni il giovane ha realizzato quello che un secolo dopo è stato scelto come inno della Repubblica Italiana.
Mameli però non sostiene la sua nazione solo attraverso la poesia, lo fa anche arruolandosi come volontario nella spedizione a sostegno d Bixio durante le famose Cinque giornate di Milano. Con il fallimento dei moti torna a Genova e fa uscire “Inno militare” musicato dal collega Giuseppe Verdi. Successivamente si reca a Roma dove si occupa dell’organizzazione militare all’interno della Giunta Provvisoria di Governo.
Quando Roma viene assediata parte in sostegno di Garibaldi a combattere nella battaglia di Palestrina e di Velletri. Difficile lo scontro che porta anche il giovane a rimanere ferito ad una gamba e trasportato poi all’ospedale Trinità. Il problema maggiore però è lo stato di gangrena alla gamba che lo porta necessariamente all’amputazione.
Nonostante l’intervento sembrava essersi svolto correttamente, arriva un’infezione che lo porta a peggiorare sempre di più fino a causargli la morte.
Così, a soli 21 anni, si conclude la sua vita nell’ospedale, raggiunto subito dal padre che si occupa della sua sepoltura.