Argomenti trattati
Dal 28 aprile, migliaia di colombiani sono in strada per protestare contro la riforma fiscale annunciata da Iván Duque Márquez, Presidente della Colombia.
La riforma grava ulteriormente sulla classe media e su quella povera, schiacciate tra un’economia in declino e la crisi sanitaria.
La popolazione della Colombia non ce la fa più: il tasso di povertà è salito al 42%. La pandemia ha fatto vacillare una società afflitta dalle piaghe della politica clientelare. L’economia, già in declino da tempo, stava per subire un’ultima batosta finale con la riforma fiscale proposta dal Presidente Iván Duque Márquez.
Secondo il piano, ad aumentare sarebbe stata l’Iva con un parallelo abbassamento della soglia a partire dalla quale si inizia a pagare l’imposta sul reddito.
Il 2 maggio, il Presidente fa dietrofront e annuncia la sospensione della tanto contestata manovra tributaria.
Tuttavia, gli scontri continuano e rivelano una sofferenza della popolazione che travalica il dibattito politico-economico. Il Governo di contro, ha cominciato ad impiegare armi, carri armati e violenza. Il tentativo repressivo è di fatto sfociato nel caos.
Le dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Difesa assicurano che la polizia non abbia in realtà innescato gli scontri. Piuttosto, ad aver inciso sulla violenza vista in questi giorni pare siano stati degli infiltrati.
Così dichiara il governo colombiano. Tuttavia, alcuni video mostrano chiaramente agenti picchiare protestanti. Inoltre, la condivisione web di quanto sta avvenendo è impedita dalla mancanza di accesso ad internet in alcune aree del Paese.
Le Nazioni Unite hanno già duramente replicato contro l’operato del governo colombiano. Ginevra condanna l’azione delle forze di polizia colombiane. Anche l’Unione Europea si dissocia dall’azione armata della polizia colombiana e esprime forte preoccupazione per un’escalation a spese della popolazione.
Al momento si contano 20 morti, una novantina di persone scomparse e oltre 800 feriti.