L’emergenza coronavirus in Italia e nel mondo ha messo in secondo piano la cura di molte altre patologie.
Molti interventi sono stati sospesi e i Pronto soccorso sono al collasso, quindi, il consiglio che sentiamo spesso è quello di recarvisi solo in casi estremamente gravi. E così, anche un diritto come quello dell’aborto, non considerato “servizio essenziale”, rischia di essere negato.
Il Covid-19 ha messo il mondo in pausa. L’economia sembra essere il settore più colpito ma anche la salute non è del tutto tutelata.
Se la gran parte dei pazienti ricoverati negli ospedali è positivo al coronavirus, e quindi necessita di tutte le cure necessarie, molti altri malati in lista d’attesa da mesi si sono visti annullare l’operazione. Emblematico è il caso di pochi giorni fa di una ragazza di 26 anni di Milano affetta da un tumore che denuncia in un video il fatto che non potrà più subire un intervento che le salverebbe la vita.
Gran parte degli ospedali lombardi ha sospeso le attività chirurgiche.
Ma, tra le attività sanitarie per il momento rimandate, e di cui si parla meno, ci sono anche le interruzioni di gravidanza. Perché, tra ospedali affollati e consultori chiusi, le donne che vorrebbero godere di quello che è un diritto garantito dalla legge, si vedono sballottate da una regione all’altra in cerca di un reparto aperto e di un medico disponibile.
Ma questo non è solo un caso italiano. La denuncia è dell’Oms perché in tutto il mondo decidere di abortire in questo periodo diventa un vero e proprio viaggio della speranza, anche negli Stati in cui sarebbe legale. Senza contare poi i casi in cui l’aborto è ancora illegale come in Polonia, a Malta o nei Paesi sudamericani (solo l’Argentina ha da poco presentato il disegno di legge per legalizzare l’aborto).
“Il corollario di queste scelte, è che gli aborti clandestini cresceranno” ha spiegato al New York Times Natalia Kanem, direttrice dell’agenzia per la salute riproduttiva delle Nazioni Unite, “altre 29mila donne moriranno per la riduzione dei servizi e per aborti fatti in maniera illegale o non sicura”. Il pericolo degli aborti clandestini è nei mesi del lockdown ancora più acutizzato. Paesi come Austria, Germania, Romania, Croazia e Slovacchia non considerano l’aborto un servizio essenziale, e quindi, gli ospedali non eseguono interventi di questo tipo.
Ma anche in Italia compiere l’interruzione di gravidanza è quasi impossibile in questi mesi. “In tutto il nord Italia gran parte dei reparti di interruzione volontaria della gravidanza sono stati destinati a letti per malati di coronavirus, i consultori non ricevevano e noi eravamo tempestati da telefonare di donne disperate”, dice Silvana Agatone presidente della Laiga, associazione storica nata per difendere la legge 194.
In altri stati come Francia, Irlanda, Inghilterra, Scozia e Galles invece, gli effetti collaterali delle restrizioni per il Covid sono stati gestiti diversamente.
La chiusura dei reparti ospedalieri è sì avvenuta, ma il diritto all’aborto è stato sempre garantito grazie alla pillola abortiva, da prendere a casa, sotto diretto controllo medico al telefono oppure on line. In America associazioni come Plan Parenthood e Amnesty International hanno continuato a lottare per garantire il diritto all’aborto alle donne, così da evitare che ricorressero a interventi clandestini. In Europa, intanto, i bisogni sanitari delle donne non sono la priorità.