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Niente cibo, né farmaci e i prezzi alle stelle: il mondo guarda con apprensione a ciò che sta succedendo a Cuba, nel mezzo della sua ultima grave crisi. Le massicce manifestazioni, in patria e oltremare, preannunciano un potenziale problema di rilevanza internazionale.
Cosa sta succedendo a Cuba
Da domenica 11 luglio migliaia di persone sono scese in piazza in molte città dell’isola per protestare contro la carenza di cibo, di energia elettrica e l’aumento dei prezzi. I manifestanti accusano il governo di disinteressamento verso la crisi economica, aggravata dalla pandemia, che ha messo in ginocchio il paese. Un fatto insolito per Cuba, che raramente ha visto manifestazioni antigovernative.
I social network sono stati fondamentali per le proteste, invitando i cittadini a mobilitarsi. La risposta del governo non si è fatta attendere, che ha provveduto a chiudere internet su tutta l’isola, mentre la polizia si preparava a disperdere i cortei. Centinaia di arresti e di feriti, ma si parla anche di morti.
L’hashtag #SOSCuba ha chiamato a raccolta per lo più giovani ma anche importanti movimenti di artisti e intellettuali, come il Movimento de San Isidro e il gruppo 27N. Non chiedono solo cibo e medicinali, ma anche libertà di pensiero, di espressione e scelta democratica.
Le cause della protesta
Sono molti i fattori in gioco responsabili dei disordini. La crisi economica ha messo in ginocchio il paese, letteralmente ridotto alla fame. La pandemia non ha fatto che peggiorare questa situazione, rendendo cibo e medicinali ancora più scarsi. Alcuni tentano la fuga, anche su mezzi di fortuna, verso gli Stati Uniti, dove nella vicina Miami molti cubani continuano a manifestare per i loro parenti o amici rimasti sull’isola.
Il Covid, nel pieno della quarta ondata, ha bloccato il turismo, la principale fonte di guadagno cubana. In perfetto stile Guerra Fredda L’Avana punta il dito contro l’embargo imposto dagli Stati Uniti e le pesanti sanzioni messe in atto da Trump e non revocate da Biden.
Ma la responsabilità principale è la cattiva gestione del governo caraibico, presieduto da Miguel Diaz-Canel, che non ha saputo fare riforme affinché Cuba abbia un’economia più forte. Quello che si percepisce è la grave crisi strutturale e sistemica del modello cubano. Non per niente, i cittadini, per le strade, gridano con forza “Abbasso la dittatura”.
Oggi come allora, ma peggio
Era dal 1994 che non imperversava una crisi di tale portata nelle strade di Cuba. All’epoca, dopo il crollo dell’URSS e con la fine degli aiuti sovietici l’isola si ritrovò alla fame. Erano gli anni del cosiddetto “periodo especial“, quando migliaia di persone sfilarono in piazza nel celebre manifestazione di maleconazo.
Allora il governo era ancora in mano a Fidel Castro, che scelse di incontrare i dimostranti e dialogare con loro. La dinastia Castro, dopo Fidel e suo fratello Raúl, ha lasciato il passo a Diaz-Canal, che dopo le proteste si è trincerato nei palazzi di potere. Ha chiesto ai rivoluzionari di scendere loro stessi nelle piazze per difendere la rivoluzione cubana, accusando invece manifestanti di essere dei mercenari. Inoltre, i suoi continui riferimenti al chavismo e al presidente Maduro lasciano presagire che abbia optato per la via della repressione dura, alla venezuelana.
Se i ripetuti blackout e la mancanza di beni essenziali sono una costante in entrambe le crisi, l’elemento rivoluzionario di oggi è la rete. Anche se con grandi difficoltà di connessione, l’uso di internet è in continuo aumento e ha permesso al mondo di sapere cosa sta succedendo a Cuba. Twitter e Facebook sono stati fondamentali per l’organizzazione delle proteste, e fino blocco della rete i manifestati hanno continuato a twittare #notenemosmiedo. Il governo cubano ha indicato proprio i social network, fra gli altri, come mandanti diretti delle manifestazioni.
Una parziale concessione
Con toni più pacati rispetto a quelli mostrati fin ora, l’erede di Castro ha riconosciuto in parte le responsabilità del governo e ha suggerito di trarre una preziosa lezione da questi episodi per risolvere i problemi di Cuba. Seppur tanto detestati, proprio attraverso i social Diaz-Canal ha annunciato, dopo giorni di proteste, la sospensione dei dazi doganali su cibo e medicinali. Le misure permetteranno ai viaggiatori di portare sull’isola beni essenziali senza limiti di quantità e dovrebbero rimanere in vigore sino a fine 2021. Tuttavia, con i voli ridotti al minimo causa Covid sarà difficile che tali concessioni abbiano un’ampia portata e che plachino la rabbia e la disperazione dei cubani.