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Riuscire a descrivere con dolcezza e cura delle emozioni è qualcosa di raro.
Dacia Maraini ha questa capacità e lo dimostra quando sceglie di descrivere l’innamoramento come qualcosa che fa provare calore e leggerezza. Con la consapevolezza di avere un dovere intellettuale ha passato la sua vita a trovare le parole giuste per sè e gli altri.
Dacia Maraini (Fiesole, 13 novembre 1936) è una scrittrice, poetessa e sceneggiatrice italiana. Cresce in una famiglia benestante con padre scrittore e madre principessa e pittrice.
Trascorre la sua infanzia in Giappone dove nascono le sorelle e dove vengono internati in un campo di concentramento giapponese. Riescono a tornare in Sicilia dove vivono per diverso tempo finché non raggiunge il padre a Roma, ormai divorziato.
Nel periodo a Roma incontra alcuni dei personaggi più importanti del momento tra cui Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e l’uomo di cui si innamora, Alberto Moravia. Tra i due nasce una storia che durerà diversi anni finché nel 1978 si separano.
Secondo la critica la scrittrice si inserisce nella “generazione degli anni Trenta”, autori impegnati nella letteratura contemporanea. Nel gruppo appaiono nomi come quello di Umberto Eco per la prosa e quello della grande autrice Alda Merini per la poesia.
Tra le tematiche trattate nei romanzi della Maraini vediamo il costante tentativo di superare l’alienazione dell’uomo nel mondo moderno e la volontà di dare spazio ad un’interiorità, per quanto questa complessa sia. Fondamentale anche il suo attivismo che si manifesta in un combattere per la condizione delle donne sia nel privato che nel sociale e nel combattere contro le mafie.
Nel 1962 pubblica “La vacanza”, primo romanzo che la lancia verso “L’età del malessere” con cui raggiunge grande successo. In questi anni la sua produzione è sempre più viva. Si dedica alla stesura di raccolte poetiche e di sceneggiature teatrali.
Nonostante le riflessioni profonde e l’attivismo, è andando verso gli anni 2000 che scrive le due più grandi opere femministe della sua carriera.
Vince con “La lunga vita di Marianna Ucria” il Premio Campiello per aver ricreato l’immagine della Sicilia del ‘700 e la condizione della donna in quel periodo. Qui la protagonista, Marianna, è sordomuta ed è costretta a sposarsi a 13 anni, per denaro e onore, con lo zio. Riesce però a svincolarsi da quella prigione che è la sua vita, determinando un finale vittorioso.
Un altro grande lavoro della Maraini è “La ragazza di via Maqueda”, raccolta di racconti autobiografici. Narra le storie di donne conosciute nel corso della sua vita e delle loro lotte quotidiane. Le storie a volte sono molto diverse tra loro, altre, come nel caso delle ragazze di Palermo, c’è un passato difficile che le accomuna.