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Cos’è la dislessia e come si manifesta? Cerchiamo di dare una definizione e di capire come diagnosticarla precocemente, anche grazie ad alcuni test.
E’, inoltre, possibile da curare, una volta diagnosticata. Come fare?
La dislessia è una malattia che viene anche individuata con il nome di “disturbo nella lettura”. Il bambino, quindi, nonostante abbia un’intelligenza normale, manifesta dei problemi di lettura.
Vi possono essere vari casi di dislessia, tutti differenti tra di loro. Alcuni, infatti, includono difficoltà nel pronunciare delle parole o delle lettere, altri hanno difficoltà nella lettura veloce.
Altri ancora non riescono a scrivere bene a mano, oppure a pronunciare in maniera corretta le parole ad alta voce mentre leggono. Altri, infine, non riescono a comprendere ciò che leggono.
Sono tutte delle difficoltà che vengono scoperte attraverso i primi anni di scuola. Possiamo, quindi, dire che questa malattia viene spesso diagnosticata dai sei anni in poi.
Le persone con questo disturbo hanno un normale desiderio di apprendimento. Le difficoltà che incontrano, quindi, sono del tutto involontarie e non legate alla scarsa applicazione del soggetto in questione.
Le cause della dislessia sono molteplici. In genere vi rientrano dei fattori genetici e ambientali. A volte vi sono delle persone che, assieme alla dislessia, manifestano un disturbo da deficit di attenzione, nonché iperattività alle volte.
In alcuni casi, ciò può esordire anche in età adulta, ma sono casi molto rari. Può succedere nel caso di lesioni cerebrali, ictus oppure demenza.
Alcune persone lo ritengono un vero e proprio disturbo dell’apprendimento.
In realtà, però, è più un’incapacità di leggere in un contesto definito e di capire ciò che viene scritto. Oggi, si stima che i dislessici siano in una percentuale che va dal 5% al 17% della popolazione.
E’ una malattia che insorge sia in individui di sesso maschile che femminile. Viene, però, diagnosticata più frequentemente nei soggetti maschi che in quelli femminili. Questo disturbo può poi avere ripercussioni sulla scrittura o meno, dipende da alcuni fattori, che variano da contesto a contesto.
Vi sono diversi tipi di dislessia. La più frequente è quella fonologica, ovvero che si presenta a livello dei suoni. Esiste, però, anche un tipo di dislessia che viene chiamata visiva.
Per valutare l’insorgenza o meno del disturbo della dislessia in un soggetto, vengono spesso effettuati dei test. Nel caso in cui tali test diano un esito positivo, è possibile essere in presenza di un soggetto affetto da dislessia.
In caso contrario, no. In genere, tutto ciò viene effettuato da uno specialista. E’ lui, infatti, che effettua questi test, per vedere la velocità e la correttezza della lettura ad alta voce. In genere, si parla di tre tipi di prove.
In primo luogo, avviene la lettura di un testo. Ciò serve per vedere il meccanismo nella comprensione, ovvero il processo che mette in relazione la parola letta con il resto della frase o delle frasi.
Vengono, poi, lette una lista di parole.
Ciò serve a livello semantico, cioè in un processo che permette di leggere delle parole che sono già conosciute, ma analizzandole nel complesso. Ad esempio, ci si focalizza sulla lettera di inizio o di fine, la lunghezza della parola, fino ad arrivare al suo significato.
Alla fine, esiste anche un test di una lista di “non parole”. Si tratta, infatti, di un meccanismo che valuta la funzionalità di conversione grafema-fonema.
Ciò è il processo che offre la possibilità di leggere parole nuove o comunque sconosciute, andando a scomporre la parola nelle lettere dalle quali è formata e trasformandola nei suoni corrispondenti.
Oltre ai test per la dislessia, a livello scolastico ci si può accorgere della presenza di tale malattia attraverso dei semplici accorgimenti.
L’omissione di grafemi e di sillabe è frequente, anche se da sola non è certo indice di dislessia. Anche i salti di parole o i salti da un rigo all’altro potrebbero evidenziare la presenza di malattia.
Esistono, inoltre, casi di inversioni di sillabe, nonché aggiunte o ripetizioni troppo frequenti. Anche la difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra può dare delle problematiche di decodifica del testo.
Vi possono essere, anche se non sempre, dei problemi di decodifica anche a livello matematico. Il soggetto in questione, quindi, potrebbe essere impedito alla risoluzione di semplici problemi matematici che, invece, i non affetti da dislessia potrebbero risolvere senza alcun problema.
Queste persone hanno, quindi, una modalità di apprendimento molto più lunga della norma, che potrebbe essere una spia di un’eventuale dislessia. Si possono, inoltre, presentare dei problemi di calcolo legati alla specularità del 2, del 5, del 6 o del 9.
Diagnosticare la dislessia spetta al medico e basta. Le insegnanti possono essere, però, in sede di scuola materna e scuola primaria, un valido aiuto per scoprire se il bambino è possibilmente affetto da questa malattia oppure no.
Attraverso il suo comportamento a scuola, le insegnanti possono indirizzare il bambino verso un medico, che effettuerà poi la diagnosi di insorgenza della dislessia oppure no.
Nella primissima infanzia, la dislessia si può verificare in un’insorgenza ritardata delle parole, nonché nella difficoltà di distinguere la destra dalla sinistra, la mancanza di fonologia, oltre alla facilità di essere distratti da eventuali rumori di fondo.
Anche l’inversione di lettere o parole pronunciate in modo differente potrebbe essere un modo in cui si verifica la dislessia, ma si deve in ogni caso tenere presente che è verso i 5 o 6 anni di età che si riesce a capire davvero se il bambino è dislessico o meno.
Inoltre, esistono dei casi in cui anche gli adulti diventano dislessici improvvisamente, ad esempio dopo gravi incidenti. E’ sempre il medico che diagnostica la dislessia di questi soggetti.
Circa il 15% delle persone affette di dislessia ha anche la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. In età scolare, ci si può rendere conto dell’eventuale presenza di dislessia nel caso in cui il bambino non riesca ad individuare parole in rima, oppure a contare il numero delle sillabe.
Ciò dipende da problemi di fonologia, ma non ci si deve comunque allarmare.
Le persone con dislessia, inoltre, hanno anche scarse capacità ortografiche, vale a dire che scrivono in un modo non troppo ordinato. Si tratta di una condizione, non riscontrabile in tutti i soggetti, che viene chiamata con il nome di disortografia o disgrafia.
I problemi possono continuare fino all’età adulta, con tutte le difficoltà scolastiche del caso.
Ovvero, gli adulti possono avere problemi nella lettura a voce alta, nel riassumere storie, nel memorizzare cose, nell’apprendimento di lingue straniere.
Si deve considerare che, inoltre, la complessità ortografica di una lingua è correlata a quanto è difficile leggere il linguaggio. Si pensi, ad esempio, agli idiomi cinesi o giapponesi, ovvero nei sistemi di scrittura a logogrammi. Questi fanno un uso estensivo del simbolo e non della lettera, creando grossi problemi agli studenti dislessici.
Non è, forse, un caso, che molti studenti orientali presentino la dislessia. Lingue come il francese o l’inglese hanno dei modelli di ortografia che si articolano su più livelli. Lo spagnolo e l’italiano, invece, hanno ortografie più che altro alfabetiche. E’ per questo che tali due linguaggi sono i più semplici da imparare per uno studente dislessico.
Vediamo, adesso, com’è possibile curare la dislessia. Attraverso un percorso terapeutico, è possibile curare questa malattia.
Non ci sono, quindi, farmaci per la cura di questa malattia.
Si tratta di un percorso che considera le caratteristiche del soggetto, assieme alla considerazione delle potenzialità, ai tempi di attenzione. Si cerca di usare un approccio basato sulle competenze percettivo motorie e fonologiche e di uno basato sulla lettura.
Il primo cerca di ridurre delle lacune di base che potrebbero essere alla base della malattia, il secondo, invece, cerca di rendere la lettura più adeguata.
Questi due itinerari devono essere proposti in modo parallelo e graduale.
Si deve, inoltre, tenere presente del disagio psicologico che può riscontrare un soggetto dislessico. Questo bambino, infatti, potrebbe essere costretto a vivere tutta una serie di insuccessi scolastici, senza che se ne riesca a comprendere il motivo.
Il bambino potrebbe essere additato come scarsamente impegnato, disinteressato o distratto, mentre in realtà i problemi possono essere ben altri. Queste persone, spesso, proprio per la loro giovane età, non riescono a sostenere il peso della propria incapacità e si sentono anche responsabili e colpevoli.
Per questo motivo, l’insuccesso prolungato può creare una scarsa autostima, una mancanza di fiducia nelle proprie possibilità. Si verifica, infine, una demotivazione dell’apprendimento, che può portare ad aggressività, irritabilità e depressione del soggetto stesso.
Secondo alcune ricerche, in ogni caso, esisterebbero delle alterazioni cromosomiche che porterebbero alla possibilità di sviluppare dislessia. Vi è, quindi, alla base una mutazione genetica di un cromosoma umano. Questo porterebbe ad un difetto nella formazione dei circuiti cerebrali che sono preposti per la lettura.
Tale alterazione, quindi, sarebbe ereditaria. Sono state condotte alcune ricerche che hanno evidenziato come, su oltre 150 famiglie dislessiche, oltre il 20% presenterebbero l’alterazione genetica che porta allo sviluppo della dislessia.
L’alterazione di tale cromosoma corrisponde alla cancellazione di quella che viene chiamata una “regione regolatrice”.
Abbiamo visto come la dislessia sia una malattia che può insorgere nella vita di ogni persona, prevalentemente da bambini. Si tratta, comunque, di un disturbo che non è grave e che può essere ben curato a livello psicologico. E’ necessario, però, accorgersi in tempo della presenza della malattia, per far guarire il prima possibile il bambino e renderlo di nuovo attivo e partecipe alle lezioni.