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Parità di genere durante i colloqui di lavoro: le domande illegali cui ci si deve rifiutare di rispondere.
Domande scomode e illegali al colloquio di lavoro
Il decreto legislativo 198/2006 detto Codice delle pari opportunità stabilisce all’articolo 27 che è vietata “qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione anche se attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive”.
Ci sono quindi delle domande scomode e illegali che non devono essere poste durante un colloquio di lavoro, specie se l’aspirante lavoratrice è una donna. Infatti esse possono costituire un discrimine importante tra l’assunzione e il restare a casa. Nella mente di chi svolge il colloquio agiscono dei pregiudizi e degli stereotipi che possono essere anche inconsci. La conseguenza è che se a rispondere ad una domanda è una donna o un uomo si producono determinate e diverse considerazioni del soggetto esaminato.
Ad esempio: se alla domanda “Vuole avere figli?” un uomo risponde di sì, allora il datore di lavoro sarà più portato a pensare di lui che sia una persona affidabile che riesce a sostenere il carico di responsabilità. Al contrario, se è una donna a rispondere in modo affermativo alla domanda, nel datore di lavoro si scateneranno probabilmente preoccupazioni riguardo le assenze date dalla maternità, viste come un danno per l’azienda.
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Come comportarsi
Non solo “Vuole avere figli?”, sono illecite da porre anche altre domande durante il colloquio di lavoro come: “È fidanzata/sposata?”, “Ha figli?” ma anche “Qualcuno può occuparsi dei suoi figli in sua assenza?”. Ovviamente ciò vale per entrambi i sessi ma, come già spiegato, per le donne agiscono dei pregiudizi che spesso ostacolano l’ottenimento del posto di lavoro.
Se ci si sente rivolgere queste domande durante un colloquio di lavoro bisogna rifiutarsi di rispondere. Si tratta domande illegali secondo il D. Lgs. 198/2006 e che non tutelano la privacy del soggetto.
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