"Macabro: reality mette in palio un rene!".
I giornali di questi giorni copiano ed incollano autentica indignazione per bollare il reality della Endemol "De Grote Donorshow" ("Il grande donatore-show"), che sarà trasmesso dal primo giugno dalla tv olandese Barts Neverending Network" (BNN).
"La follia dei Reality show -scrive Il Giorno- non ha più limiti. ‘La 37enne Lisa, malata di cancro, dovrà decidere a chi dei tre candidati dare il suo organo', ha comunicato l'emittente BNN. Il pubblico da casa dovrà indicare alla malata terminale quale candidato potrà beneficiare del suo rene".
Non è la prima volta che in Olanda un reality ha per protagonista una persona ammalata in fase terminale.
Tra i candidati di quest'anno all'Oscar mondiale dei Format, Rose d'Or, c'era il docu-reality My last world, prodotto dall'olandese Palm Plus Productions. "Le mie ultime parole" seguiva con le telecamere nelle sue ultime settimane di vita una persona ammalata. Alcune settimane dopo la sua morte, i partecipanti al reality visitavano i parenti e mostravano loro il filmato e la video-lettera registrata dalla sfortunata protagonista del documentario.
Più real tv che reality. A differenza del donarshow, per cui sì è profuso uno sdegno che sembra giustificato.
Un reality show è infatti una riscrittura di una situazione della vita secondo la grammatica dell'entertainment. Va bene dunque se si spettacolarizza la relazione uomo donna in modo caricaturale ne La Bella e la Bestia, la ricerca della fidanzata ne La sposa perfetta.
Ridiamoci su.
Non sembra davvero opportuno mettere in burletta col televoto la sofferenza, il dolore, e la fine della vita!
Il critico del Corriere Aldo Grasso usa per i Reality un'immagine molto icastica, che dà il senso del valore di parodia un po' buffa di questo genere: il reality fa il solletico alla vita.
Per l'appunto: non facciamo il solletico anche alla morte!
Fatta la morale, vorrei però riportarla nella prospettiva italiana. E per forza di cose, ridimensionarla. Tanto per non scrivere in astratto di un programma (o provocazione che sia, perché potrebbe trattarsi di una bufala lanciata per suscitare un dibattito sulla donazione degli organi) che comunque noi non vedremo mai.
Il Donorshow, se esiste, è un reality-game show che si inserisce nel filone del light entertainment che Endemol ha battezzato Emotainment, Emotional entertainment, categoria "Dreams come true", realizzazioni di sogni e desideri.
Come Il Treno dei desideri della Clerici: solo che la sottocategoria specifica cui appartiene è quella dei reality che hanno una utilità sociale.
Una branca molto apprezzata dai critici, tanto che un reality di questo tipo, il filantropico Secret Millionaire prodotto dall'inglese Channel 4, ha ricevuto l'Oscar come migliore programma del genere nel 2007. In quel caso, ogni settimana un ricchissimo multi-milionario doveva scegliere una persona disagiata tra un gruppo di candidati bisognosi ed elargirli un generoso finanziamento.
Altro candidato all'Oscar dei Format 2007 era "All for one", "Tutti per uno", prodotto dalla svedese Strix Television, serie che racconta i sogni di un gruppo di persone innamorate del proprio villaggio o paese minacciato dalla disoccupazione e svuotato dall'emigrazione, ed intenzionati a farlo rivivere, a creare un nuovo futuro per una società morente.
Ed ancora, Plan B della danese Blu/As: un esperimento educativo, un corso di scrittura e lettura rapido di tre settimane offerto a 9 ragazzi che non hanno frequentato la scuola primaria e che sono destinati a diventare analfabeti.
Tutti spettacoli premiati dalla critica ed accomunati dalla loro utilità sociale.
Il Donorshow invece evoca la morte, la sofferenza, temi che la tv tratta con linguaggio consono in alcuni reportage o talk show, ma è giustamente bandito dalla sfera dell'entertainment puro.
Vorrei però ridimensionare lo sdegno, perché la "morale" del piccolo schermo è molto relativa.
Se la tesi di questo post è che non è lecito spettacolarizzare situazioni di vita e sentimenti delicati, invito a riflettere quante sono le aspirazioni e le vite ridicolizzate dall'entertaiment nostrano.
Un solo esempio: i milioni buttati ogni sera nei quiz game basati sul fattore C., seguiti da milioni di persone che faticano a gestire miseri stipendi.
C'è una pagina di questo blog che si è trasformata in un collettore di messaggi e richieste d'aiuto per Flavio Inzinna.
Tra i tanti, a proposito di malattia, c'è pure l'appello straziante di una signora affetta da tumore che vorrebbe realizzare il sogno di fare l'ultimo viaggio con la figlia con i soldi vinti nel programma di Rai Uno.
Spero proprio che Inzinna o chi per lui legga il post, perché è un fenomeno spontaneo che segnala quante illusioni regala la tv!
Ridimensioniamo dunque lo sdegno. Perché il donorshow salva una vita.
Un pacco gratifica invece un concorrente che forse non ne ha bisogno e umilia milioni di persone che faticano ad arrivare a fine mese…