Filosofia Kintsugi, cos’è l’arte giapponese di rinascita dalle rotture

Alessia Vitale

Alessia Vitale nata a Ragusa nel 1998. Mi sono trasferita dalla Sicilia a Milano per frequentare l’Università. Sono laureanda in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Milano. Amo la letteratura e tutto quello che riguarda il mondo dei libri.

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Cos’è la filosofia Kintsugi? È l’arte giapponese dell’aggiustare gli oggetti, principalmente in ceramica, ma che si presta anche alle nostre anime.

Questa filosofia può insegnarci a rinascere da una rottura, a creare bellezza da una crepa. Come funziona?

Filosofia Kintsugi: cos’è e come praticarla?

È più facile buttare qualcosa di rotto che ripararlo. Per aggiustare qualcosa abbiamo bisogno di tempo, di pazienza e molto spesso di umiltà. Eppure, quando siamo in grado di farlo, dalle crepe può nascere qualcosa di più bello e più prezioso. È questo che insegna l’arte giapponese del Kintsugi.

La traduzione letterale è “riparare con l’oro”. Infatti il Kintsugi è un’antica tecnica artigianale che consiste nel riparare oggetti in ceramica, saldando fra loro i vari cocci con l’oro liquido o l’argento. In termini di valore, il risultato è strabiliante: non solo avremo riparato l’oggetto, ma il suo valoro economico risulterà aumentato perché i metalli preziosi l’hanno reso un oggetto pregiato. Ogni “nuovo” oggetto diventa un pezzo unico nel suo genere e inimitabile.

Ma dagli oggetti, quest’arte si trasferisce alle persone, trasformandosi in una vera e propria filosofia di vita in grado di insegnarci la resilienza.

La filosofia del Kintsugi: come riparare la nostra vita

Quella del Kintsugi potrebbe sembrare una semplice tecnica di saldatura, eppure è qualcosa di molto di più, applicabile anche alla nostra vita quotidiana. Innanzitutto grazie al messaggio di cui è portatrice: la filosofia giapponese del Kintsugi parte dal presupposto che una rottura, una crepa o, nel nostro caso, una “ferita”, non debba necessariamente essere nascosta, ma al contrario valorizzata rendendola preziosa. Solo esaltando i nostri punti di rottura, e cioè i nostri difetti, i nostri errori e le nostre cadute potremo renderci conto di quanto siamo unici e perfetti esattamente come siamo.

Da una ferita, insomma, può nascere una forma di bellezza interiore ancora più grande di ciò che si considerava integro e senza difetti. È un’esaltazione delle imperfezioni. Le nostre rotture, le nostre ferite, fanno parte di noi e della nostra storia, ci rendono ciò che siamo ed è inutile nasconderle, esattamente come in un vaso di ceramica. Non possiamo nascondere queste “imperfezioni”, allora perché non valorizzarle?

L’importanza delle cicatrici

Il significato spirituale della filosofia Kintsugi sta proprio in questo aspetto: non dobbiamo nascondere le ferite che abbiamo o vergognarcene, perché se le “ripariamo” nel modo giusto, diventano motivo di valore.

Ogni ferita che ci portiamo dietro racconta chi siamo, da dove veniamo, cosa abbiamo sopportato fino ad oggi e come ne siamo usciti. E allora il Kintsugi si trasforma in celebrazione delle nostre cicatrici, inno all’imperfezione. Perché attraverso una colata d’oro possiamo trasformare il dolore delle ferite in rinascita.