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Gabriele D’Annunzio è stato una figura importantissima per il nostro paese, non soltanto da un punto di vista letterario, ma anche storico, artistico e culturale.
La sua personalità e quelle che potremmo definire le sue gesta sono attuali come non mai. Non a caso, l’uomo è apparso senza veli sulla copertina di Novella del 1927, anticipando quella che poi sarebbe diventata una ‘moda’.
Gabriele D’Annunzio: curiosità
Autore di grandi opere come “Il piacere” e “Le novelle della Pescara”, il Vate è stato anche un militare e un patriota italiano.
Con 52 candeline sul groppone, D’Annunzio si arruolò come volontario di guerra presso i lancieri di Novara. Successivamente fu fautore dell’Impresa di Fiume e, come scrive Antonio Scurati nel libro “M. Il figlio del secolo”, aveva “cinquantasei anni e si regge in piedi a stento”.
Nonostante l’età, Gabriele raggiunse proprio in questo periodo l’apice della sua carriera politica. Sulle gesta d’annunziane sono state scritte tantissime opere, ma non è questo di cui vogliamo parlare in questa sede.
Il Vate aveva una personalità che oggi verrebbe definita all’avanguardia e, anche se il suo anno di nascita è il 1863, possiamo dire che era un vero e proprio ‘progressista’. Pensate solo che, nel 1927, Gabriele apparse senza veli sulla copertina di Novella. Collaboratore della rivista, nata nel 1919 e oggi conosciuta con il nome di “Novella 2000”, D’Annunzio non prestò loro solo servizio giornalistico, ma anche d’immagine. Il pescarese, famoso anche per le sue ‘imprese’ sessuali, non disdegnava farsi ritrarre nudo perché considerava questo genere di foto “più che sensuali”. Negli scatti in questione è stato immortalato nel suo studio, ma anche in riva al mare.
I vizi di D’Annunzio
D’Annunzio, come dimostrano gli scatti di Novella del 1927, ha anticipato di quasi un secolo quello che avviene oggi nella maggior parte delle riviste. Una personalità atipica, soprattutto per l’epoca in cui è nato e cresciuto. Amante del sesso, delle donne e dei vizi, Gabriele ha goduto della sua vita fino all’ultimo giorno. In una intervista del Corriere della Sera a Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale e autore di ‘La mia vita carnale’ che racconta, senza censure, gli ultimi anni di vita del Vate, si legge: “Le presenze femminili che lo circondavano, lo accudivano, lo spiavano e se lo contendevano erano quattro”. Le donne in questione erano: la governante Amélie Mazoyer, Luisa Baccara che era ufficialmente la ‘Signora del Vittoriale’, la moglie Maria da cui non aveva mai divorziato e la cameriera Emilia.
Ovviamente, oltre a loro c’erano le innumerevoli amanti che arrivavano al Vittoriale ‘su chiamata’. Ad ognuna delle sue donne, D’Annunzio dava dei simpatici soprannomi, cosa che faceva anche nei confronti dei loro organi sessuali. Il Vate amava vivere di eccessi e le stanze della sua ultima dimora, soprattutto quelle che non sono accessibili al pubblico, ne sono la dimostrazione. Se oggi fosse vivo, potrebbe avere una personalità simile a quella di Vittorio Sgarbi per il lato culturale e a quella di Tinto Brass per la sfera sessuale.
Non dico paragonare, ma solo mettere il nome di Sgarbi (prego indicare bibliografia scientifica, atti o fatti che ne permettano di ricordare la figura ai posteri) in un articolo dedicato a D’Annunzio è risibile. L’assurdità della similitudine non merita una ricerca di aggettivi più indignati, troppo ridicola.