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Nell’olimpo delle celebrità dello sport italiane c’è sicuramente il ciclista Gino Bartali, noto per aver vinto molte competizioni e anche per la sua attività a favore degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Gino Bartali
Il ciclista Gino Bartali è nato a Ponte a Ema, in Toscana, il 18 luglio 1914. Uno dei grandi del ciclismo italiano, Bartali vince per la prima volta il prestigioso Giro d’Italia nel 1936, per poi replicare la vittoria l’anno dopo. Nel 1938 il regime fascista lo costringe a rinunciare al Giro per partecipare al Tour de France, dove trionfa sul podio: si rifiuta però di usare il saluto romano alla cerimonia di premiazione. L’anno successivo la collezione di vittorie ciclistiche di Bartali si arricchisce con la Milano-Sanremo. Il 1940 è l’ultimo anno del Giro d’Italia prima dello stop forzato di cinque anni a causa della Seconda Guerra Mondiale: il campione Bartali viene spodestato da Fausto Coppi, spronato dallo stesso Gino durante la gara.
Nel dopoguerra Gino Bartali vince un’altra maglia rosa, nonostante fosse ormai giudicato vecchio rispetto all’avversario Coppi. A ben trentaquattro anni il ciclista dimostra ancora una volta le sue doti da campione, trionfando inaspettatamente al Tour de France 1948 e abbattendo molti record. In seguito al suo ritiro ha lavorato come dirigente sportivo. Bartali è morto a 85 anni nel 2000 a causa di un infarto.
Gino Bartali ebrei
Durante la Seconda Guerra Mondiale Bartali si unisce alla Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei, una associazione clandestina che presta aiuto agli ebrei. Per questi ultimi il campione fa molti viaggi in bici, trasportando documenti necessari alla loro fuga. A causa di ciò viene anche ricercato dalla polizia ed è costretto a nascondersi. Grazie alla sua attività per gli ebrei ha avuto a Gerusalemme l’onorificenza di “Giusto tra le nazioni”. Nel 2005 è stato insignito della medaglia al valore civile dal Presidente della Repubblica italiana. La nipote di Bartali ha dichiarato in un’intervista:
Per cinquant’anni non ha mai voluto dire niente. Aveva un forte senso morale e raccontare del bene fatto sarebbe andato contro la sua natura. Per questo ripeteva che il bene si fa ma non si dice. Per essere bravi cristiani non serve raccontare ciò che si fa. Forse, qualche volta, avrà accennato qualcosa a nonna o ai suoi figli. Se pensiamo che i suoi gesti umanitari durante la guerra sono venuti alla luce solo alla fine degli anni ottanta, ci rendiamo conto di quanto fosse stato efficace il suo silenzio. Ma anche in quel caso le notizie vennero diffuse da alcuni giornalisti che avevano trovato qualche testimonianza e l’avevano inserita in un documentario poi divenuto film. Non da Gino Bartali in prima persona. In questo film si intravede la figura di Gino, ma in un primo momento non si capisce chiaramente di chi si tratta. Solo successivamente nonno confermò tutto e le tesi vennero avvalorate anche da persone salvate da nonno. Giorgio Goldenberg, ad esempio, nascosto da Gino Bartali con la sua famiglia in un appartamento a Firenze, e coloro che lo avevano visto ad Assisi intento a consegnare certi documenti.