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La sua storia è unica in quanto è l’unico giornalista dalla nascita della Repubblica ad aver scontato interamente una pena per il reato di diffamazione.
Ecco chi è Giovannino Guareschi, il giornalista monarchico del XX secolo.
Giovannino Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968) è stato un giornalista e scrittore italiano. Cresce in una famiglia composta da padre commerciante e madre maestra nella città di Parma, in cui si trasferisce a sei anni. Frequenta qui tutte le scuole dell’obbligo tra cui il convitto nazionale Maria Luigia dove conosce anche Cesare Zavattini con cui crea il giornale degli studenti.
Per problemi economici è costretto ad abbandonare il collegio, ma si diploma ugualmente al liceo classico da esterno iscrivendosi poi alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Parma.
In questi anni collabora con quella che è nota come “Gazzetta di Parma” in veste di correttore di bozze. Entra ufficialmente a far parte dei collaboratori fissi come aiuto cronista nel 1931 per poi ottenere sempre più rilevanza nel corso degli anni successivi.
Ottenuta la laurea parte per il servizio militare e al suo ritorno ottiene una proposta dal caro amico Zavattini il quale gli offre un posto nella sua nuova rivista: Bertoldo. Si inserisce in questo quindicinale di satira prima come illustratore e poi come redattore per volontà di Andrea Rizzoli. Nel corso degli anni e con l’abbandono da parte del fondatore, Guareschi ottiene sempre più rilevanza nella rivista che è la prima tra i giornali umoristici in Italia.
Con l’avvento della seconda guerra mondiale le cose si complicano per la sua attività e anche la sua vita non è al sicuro. Si oppone al regime diverse volte venendo incriminato e arrestato per diverso tempo, esperienza che racconta in “Diario clandestino”. Una volta concluso il conflitto fonda il “Candido”, una rivista indipendente che si occupa principalmente di satira. Nel 1948 arriva però il momento in cui pubblica il suo primo romanzo: “Don Camillo e Peppone”.
Senza saperlo realizza olo il primo di una serie che dura oltre vent anni e ottiene successo in tutto il mondo.
Attraverso le vignette pubblicate sul “Candido” si trova spesso a discutere con le forze politiche, ottenendo anche accuse di vilipendio come quella del 1950 a Luigi Einaudi a cui seguono inoltre condanne per diffamazione a mezzo stampa.
Le cose si complicano quando, in seguito a lunghi processi, viene mandato nel carcere di Parma per oltre 400 giorni.
Nel 1957 si conclude il suo ruolo di direttore del “Candido” continuando a lavorare solo come collaboratore. Si dedica nel frattempo anche alla trasposizione cinematografica di “Don Camillo” discutendo anche diverse volte con Rizzoli perchè la sceneggiatura non era fedele all’opera originale.
Questa discussione lo porta anche alla chiusura della rivista rendendo sempre più difficile la sua ricerca di nuove collaborazioni.
Accetta il lavoro presso il settimanale “Oggi” per cui scrive dal 1962 al 1966 in una rubrica sua dal nome “Telecorrierino delle famiglie” che tratta di critica televisiva.
In questi anni inizia a collaborare anche con la rivista “Borghese” creando progetti interessanti come il film “La rabbia” diviso in due parti. La prima realizzata da Pier Paolo Pasolini e la seconda dallo stesso Guareschi che riesce ad ottenere grande attenzione, sebbene con pareri contrastanti e toni spesso polemici.