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Giuseppe Fava un giorno disse «Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, perdìo. Tanto, lo sai come finisce una volta o l’altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa…», e aveva ragione. Scegliere di impegnarsi e combattere la mafia attraverso il giornalismo è difficile e rischioso, ma questo non lo ha fermato. Scopriamo la sua storia e il suo percorso prima dell’omicidio del 5 gennaio 1984.
Chi era Giuseppe Fava
Giuseppe Enzo Domenico Fava (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984), è stato uno scrittore e giornalista italiano. Cresce in provincia di Siracusa insieme ai genitori Elena e Giuseppe, entrambi insegnanti alle scuole elementari. Il giovane Fava si trasferisce a Catania nel 1943 per frequentare il corso di laurea in giurisprudenza, laureandosi poi con successo.
Diversi anni dopo inizia a lavorare come giornalista professionista collaborando con diversi quotidiani tra cui anche alcuni di stampo nazionale. Viene poi preso all’ “Espresso sera” nel 1956 creando una carriera di successo che lo porta ad ottenere il ruolo di caporedattore per oltre venti anni. I temi di cui si occupa sono numerosi e passano dallo spettacolo al sport fino alla cronaca.
A questa attività aggiunge anche la passione per il teatro iniziando a scrivere opere. La prima viene pubblicata nel 1966 e prende il nome di “Cronaca di un uomo”, successivamente scrive “La violenza”, entrambe premiate dalla critica. Si inserisce infine anche nel mondo radiofonico con un programma su Radiorai dal titolo “Voi e io”, continuando nel frattempo la sua attività principale di giornalista.
Il giornalismo libero di Giuseppe Fava
Nel 1980 diventa direttore del “Giornale del Sud” dove crea una nuova redazione composta in prevalenza da giovani cronisti. Con il suo arrivo la testata diventa coraggiosa, si impegna a diffondere verità a difesa della libertà e della giustizia, e così iniziano i servizi su Cosa Nostra. Dopo un anno di lavoro ininterrotto le dinamiche cambiano: Fava conclude il suo periodo come direttore, iniziano ad arrivare redattori legati alla mafia e la sede subisce numerosi attentati.
Fava in poco tempo viene licenziato e i collaboratori onesti tentano la strada dell’occupazione, ma tutto ciò non funziona e così il Giornale del Sud chiude. Rimasti senza lavoro si uniscono tutti per la realizzazione di “Radar”, una cooperativa nata per finanziare un possibile nuovo progetto editoriale. Con grande difficoltà il primo numero esce nel 1982 aprendo la strada ad una rivista mensile dal nome “I Siciliani”.
Questo progetto diventa un vero e proprio punto di riferimento per il movimento antimafia poichè le loro inchieste diventano subito un caso, sia giornalistico che politico. Il pezzo più noto è scritto da Giuseppe Fava con il titolo “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa” denuncia l’attività imprenditoriale di Carmelo Costanzo, Mario Rendo, Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci.
Il terribile omicidio di Giuseppe Fava
Un giorno però, i tentativi da parte della mafia di chiudere la testata si fanno molto più violenti del solito. Il 5 gennaio 1984, Giuseppe Fava si reca al Teatro Verga per recuperare la nipote, ma, scendendo dalla macchina, viene colpito con cinque proiettili alla nuca. L’omicidio apre così numerose indagini che analizzano la vita e l’attività posseduta da Fava.
Nessun uomo politico sembra voler accettare le dinamiche e infatti si chiede una rapida chiusura delle indagini e al funerale del giornalista sono poche le persone con cariche pubbliche a volerlo salutare. A un anno di distanza la magistratura non può però ignorare una serie di accuse fondate sul rapporto tra Cosa Nostra e i cavalieri e così si avviano nuovi processi giudiziari. Da una serie di indagini e dichiarazioni emerge nel 1998 l’esito del processo, che prende il nome di “Orsa Maggiore 3”, in cui si condannano per omicidio Nitto Santapaola, Marcello D’Agata, Francesco Giammuso e Aldo Ercolano.
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