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Per molte donne essere incinta significa semplicemente portare in grembo un figlio e poi partorirlo.
In realtà non è poi così semplice. Fare i conti con gli ormoni, il corpo che cambia, la pancia che diventa giorno per giorno sempre più grande, il parto e la maternità non sono assolutamente questioni semplici da svolgere. Infatti non si diventa madri solo per il semplice fatto di avere un figlio. Essere madre è come essere una donna. Infatti non si diventa donne da un giorno all’altro. Servono maturità, consapevolezza di se e tante altre qualità per definirsi una donna.
Lo stesso vale per l’essere una madre. Partorire un figlio non ci trasforma magicamente in madri. Il tempo e l’esperienza ci trasformeranno da “donna spaventata con in braccio un bambino” a “donna consapevole con in braccio un figlio”. Non c’è più la donna incinta di una volta. Cambiano i tempi, cambiano le generazioni e le gravidanze. Per la precisione, il modo in cui si affronta una gravidanza che, molto spesso non si vuole affrontare.
Essere incinta di questi tempi è un po’ come quel maglione infeltrito che releghiamo in un angolo dell’armadio. Non va più di moda.
Trent’anni è l’età media della maggior parte delle donne che affrontano una gravidanza.
Il contesto attuale è molto diverso rispetto al passato. Alla maggiore età le ragazze risultavano sposate e in attesa di figli. Per non parlare dell’epoca delle nostre bisnonne, quando già all’età di 13/14 anni veniva scelto il futuro marito da parte delle famiglie. Oggigiorno i tempi sono notevolmente cambiati e a quest’età si pensa solo a scegliere l’ultimo modello di smartphone.
Oltre a essere in là con l’età, spesso le donne che affrontano una gravidanza sono in sovrappeso, soffrono di gestosi e frequentemente anche di diabete.
Inoltre, più i mesi passano e più le future mamme sembrano riscontrare problemi di ossigenazione del sangue, degli organi e del feto. Fanno sempre più fatica a muoversi e respirare.
In molti casi hanno anche dovuto affrontare il dramma di un aborto e così si dimostrano perennemente in ansia durante la nuova gravidanza. Sembra assurdo ma ciò che colpisce è che le donne di oggi non hanno la minima idea di come il concepimento e il parto avvengano.
Nessuno ha mai spiegato loro queste delicate fasi e così si scoprono impreparate quando sono loro a doverle affrontare in prima persona.
Il Fertility day è stata una campagna a favore della gravidanza incentivata dal Governo italiano.
Purtroppo, proposta in maniera errata e con risultati davvero pessimi. In particolare si voleva sensibilizzare la donna e la coppia nella possibilità di concepire dei figli, nonostante questi siano spesso oggetto di difficoltà economiche e lavorative.
Peccato che in Italia anziché concentrare l’attenzione sulla gravidanza e le questioni ad essa legati, si è preferito fare una vera e propria campagna diffamatoria contro le coppie che non hanno intenzione di avere figli o peggio prendendo di mira le coppie omosessuali, incolpati di ricorrere alla gravidanza surrogata pur di avere un figlio.
Altrove invece, come in Danimarca, la campagna ha ottenuto grandi successi in quanto si rivolgeva indistintamente a coppie di fatto, mamme single e omosessuali, assicurando loro aiuti dal Governo e agevolazioni nel caso di famiglie con più di 2/3 figli.
Il Fertility day è stata la miccia che permise lo scoppio di diverse polemiche. Le donne che hanno scelto di non avere figli, si sono inevitabilmente sentite offese. Tutto ciò è comprensibile. Ma non il fatto che le femministe continuino a considerare la gravidanza l’apice della realizzazione della donna. Nella nostra società sta accadendo il contrario, quindi molte donne si stanno convincendo che, non avere figli sia la scelta più giusta.
I dati Istat, nel rapporto sulla “Natalità e fecondità della popolazione residente” parlano chiaro: Nel 2016 sono stati iscritti in anagrafe oltre 12mila bambini in meno rispetto al 2015. Mentre, nell’arco di 8 anni (dal 2008 al 2016) le nascite hanno subìto un brusco calo di oltre 100mila unità.
Le donne sono preoccupate. Percepiscono tutto ciò che è relativo alla gravidanza come un problema. Come se il vero travaglio fossero i nove mesi di gravidanza e l’allattamento fosse un risucchio delle proprie energie vitali.
Viviamo in una società che va troppo di fretta. Ci poniamo molti problemi e li anteponiamo alla gioia di avere un figlio. Questi problemi riguardano soprattutto la sfera lavorativa. Il terrore di perdere il lavoro è alle stelle. Non si sa dove lasciare il figlio quando ci si trova al lavoro. All’asilo, certo, ma potrebbe essere troppo costoso.
Le donne che hanno deciso di non avere figli sono bombardate da vari stereotipi. Vengono definite immature perché scelgono senza motivo di non diventare madri. Egoiste, poiché pensano solo a se stesse e a voler mantenere un fisico appetibile. Non solo, incomplete, a disagio con se stesse, materialiste. Queste donne hanno deciso di dare una voce al loro disagio, facendo nascere vari gruppi sui social, dedicati alle persone che non vogliono avere figli o che si sono pentite.
Sì, sono pentite di aver avuto figli e tutto ciò non è dettato dal caso. Sono molte le madri che soffrono, dal momento del parto, di disturbi post traumatici da stress. Che non sono da prendere sottogamba perché potrebbero trasformarsi in veri e propri disturbi a livello psichico.
Non a caso il 2016 ha assistito alla nascita dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica e della campagna #bastatacere. Il parto non è un momento idillìaco, e su questo non ci piove.
Ma vivere questo momento in maniera assolutamente negativa a causa dei trattamenti ospedalieri e dei casi di violenza ostetrica, è terribile.
La tocofobia, ovvero la fobia del parto, è molto diffusa. Tutte le partorienti vogliono l’epidurale. Senza voler minimamente affrontare il dolore del parto. Queste donne non si preparano adeguatamente a livello psicologico e si affidano completamente all’analgesia. In questo modo ci si mette completamente nelle mani dei medici, che spesso potrebbero approfittare della nostra posizione.
Sottomessa.
Prima di puntare il dito contro l’ostetrica e accusarla di violenze, è opportuno informarsi al meglio. Ospedali e associazioni organizzano corsi e incontri che hanno come tema la gravidanza e il parto. Grazie ad essi si acquisisce una visione adeguata della situazione, che permettono alle donne di non muoversi alla cieca, in questo percorso lungo 9 mesi. Circondarsi di persone che ci vogliono bene, domandare, informarsi e acculturarsi su questa delicata fase è molto importante affinché, il giorno del parto non ci colgano impreparate e soprattutto, impaurite e ansiogene.
Le demografe Maria Letizia Tantulli e Letizia Mencarini, hanno raccolto diverse frasi usate dalle childfree. Al primo posto va sicuramente la frase “Non mi piacciono i bambini”. È curioso sentire questa frase, in quanto pure coloro che la dicono sono state bambine.
Un po’ come dire che loro quando erano piccole erano delle mocciose inapprezzabili. Probabilmente alla base di questa affermazione c’è stata un’infanzia dura. Per questo motivo, queste donne non vogliono far passare a una creatura innocente ciò che hanno vissuto loro.
Le altre ragioni sono puramente egoistiche. Molte donne non vogliono sacrificare la carriera per dedicarsi 24 ore su 24 a un cucciolo d’uomo (o di donna). Altre addirittura pensano che dedicare cure a un figlio sia un’attività deprimente.
Forse questa è l’affermazione più triste che si possa mai fare. Dedicare cure a un altro essere vivente è un atto d’amore, che non deprime mai. A prescindere dall’essere vivente a cui si dedicano queste cure. Un po’ come quando ci prendiamo cura di una pianta, l’annaffiamo e sfoderiamo le nostre doti di giardinaggio appunto perché l’amiamo e vogliamo che cresca forte e bella. Lo stesso discorso può essere fatto con un figlio, inizialmente siamo spaventate.
In seguito le cure che gli dedicheremo ci daranno tanta gioia. Basta pensare al sorriso di proprio figlio. Lì tutto il nostro mondo smette di girare.
Tuttavia, Fertility Day a parte, il problema delle donne e di come viene vista la gravidanza oggi rimane. In particolare è proprio la figura femminile a essersi rivoluzionata in modo concreto. Se in passato, quando da piccole si sognava di incontrare il principe azzurro in sella al destriero bianco, crescendo con l’idea di voler trovare l‘uomo giusto subito, così da sposarsi e avere figli nel giro di breve tempo, oggi le cose sono cambiate.
Al solo pensiero di vedere un tizio vestito in modo carnevalesco, che scende da un cavallo bianco ci farebbe scoppiare a ridere. La donna è tornata con i piedi per terra e non ha intenzione di attendere nessuno. Il suo obiettivo non è più soltanto fare la mamma e la moglie, ma mira a farsi una carriera e a ottenere successo nel mondo del lavoro. Un ruolo da esercitare in modo professionale, al pari di ogni altro uomo. Un ideale che la porta a sacrificare anche il desiderio di una possibile gravidanza.
Inoltre, a causa della lunga strada nel mondo del lavoro, spesso è proprio la coppia a voler ritardare la nascita della famiglia. Ciò perché ritiene sia più importante riuscire prima a recuperare i fondi per poterla sostenere anche in un futuro.
Dunque in nome della propria indipendenza e della carriera la donna sacrifica il suo desiderio materno. Chissà come questo impatterà sulla società del futuro…