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Le ultime dichiarazioni di Beppe Grillo hanno destato alcune perplessità e vere e proprie indignazioni.
Grillo, in difesa del figlio Ciro accusato di stupro di gruppo, registra un video in cui si chiede perché la presunta vittima ci abbia messo 8 giorni per denunciare. La risposta arriva, più forte che mai, dal mondo dei social dove si è diffuso l’hashtag #ilgiornodopo.
Cos’hanno fatto le vittime di violenza il giorno dopo averla subita? Alcune sono andate a scuola, altre al cinema con le amiche, altre ancora a dare un esame all’università.
C’è poi chi è andata a fare la spesa o chi ha continuato una relazione con l’aggressore non percependo la gravità del fatto. Spesso denunciare non è facile, così come non lo è parlare dell’accaduto con qualcuno, a volte anche solo il riconoscere di avere subito una violenza è il passo più difficile, soprattutto si la si subisce in tenera età.
Si tende a voler dimenticare, provando a cancellare dai propri ricordi ciò che è successo, per vergogna o per non dover rivivere quei momenti terribili.
E così, c’è chi denuncia lo stupro giorni dopo, settimane, mesi o anni dopo. E c’è chi non la denuncia mai per timore di ritorsioni. Ma questo Beppe Grillo non sembra averlo capito, anzi, le sue parole incarnano tutte le fondamenta della cultura dello stupro.
Nel video che il fondatore del Movimento 5 stelle ha registrato in difesa del figlio si chiede come mai la presunta vittima ci abbia messo 8 giorni per denunciare e definisce il figlio e i suoi amici “quattro coglioni ma non quattro stupratori”.
Di seguito, uno stralcio del discorso di Grillo.
Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale insieme ad altri tre ragazzi. Voglio una spiegazione perché un gruppo di stupratori seriali, compreso mio figlio, non sono stati arrestati? Perché non li avete arrestati? La legge dice che gli stupratori vengono presi e vengono messi in galera e interrogati in galera o ai domiciliari […] Perché vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro, non c’entrano niente. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo otto giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano.
E poi non c’è un avvocato o sono io, il padre, che parlo e difendo mio figlio, c’è il video! C’è un video, c’è tutto il video, passaggio per passaggio, e si vede che c’è la consensualità, il gruppo che ride, che sono ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande, e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori, e io sono stufo che son due anni! E se dovete arrestare mio figlio che non ha fatto niente, allora arrestate anche me, perché ci vado io in galera!
La vicenda è intricata e spetterà alla magistratura fare luce sul caso, intanto però non si possono non commentare le parole dell’ex comico.
A farlo, tra le prime, è stata Eva Dal Canto, 29enne di origini toscane che ha lanciato l’hashtag #ilgiornodopo “perché le/i sopravvissuta allo stupro e alle violenze raccontino quanto drammaticamente sia normale e diffuso non aver denunciato immediatamente” scrive nella didascalia del post. Lei il giorno dopo è andata a scuola e ammette di aver preso consapevolezza di quanto accaduto anni dopo e di non aver mai denunciato.
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La ragazza che avrebbe subito violenza da Ciro Grillo e dai suoi amici il giorno dopo è andata a fare surf e dalle parole di Grillo senior si possono notare alcuni fattori che da anni accompagnano e alimentano la cultura dello stupro quali la negazione dell’accusa (non c’è stato uno stupro) e la delegittimazione della vittima o victim blaming (perché non ha denunciato subito se è stata stuprata?).
Insomma, come se la colpa in qualche modo fosse ancora della ragazza.
Il video di Grillo è diventato subito molto chiacchierato e criticato, non solo dalle altre vittime di violenza, ma anche da personaggi noti e appartenenti al suo stesso Movimento.
A Il Giorno è la deputata Federica Daga che commenta le parole dell’ex comico dicendo: ”
Io ringrazio che ci sia il codice rosso, che consente alle donne di denunciare anche dopo sei mesi dal fatto, mentre io ho avuto solo tre mesi e infatti non ho potuto denunciare tutto quello che mi era successo. Mi dispiace per Beppe, la giustizia è lenta e io sono in causa da cinque anni
C’è poi Patrizia Cadau, consigliera M5S al Comune di Oristano che su Facebook scrive:
Il video di Beppe Grillo […] è imbarazzante almeno per una ragione. In un passaggio Grillo sostiene che la presunta vittima non sia credibile per il fatto di avere denunciato lo stupro dopo otto giorni. Chiunque abbia a che fare con le vittime di abusi sa che la rimozione del trauma, la vergogna e il senso di colpa scatenati dalla violenza sono il muro insormontabile che le separa dalla denuncia
In definitiva, non si vuole definire il figlio di Grillo colpevole o innocente, questo compito spetterà a chi di dovere, ma solo commentare delle discutibili modalità di difesa che arrivano a colpevolizzare una vittima, o anche solo presunta tale, di “aver denunciato tardi” e per questo di non essere credibile. Frasi del genere contribuiscono solo a giustificare gli aggressori. Il risultato è il permanere di quella cultura che vede chi subisce violenza come “chi se l’è andata a cercare” o come chi “si sta inventando tutto”.
Il risultato è normalizzare una violenza.
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