Riusciranno Rocky e il Jake LaMotta di Scorsese a finire l’incontro senza arrivare all’infarto?
Una delle più recenti tendenze del cinema internazionale (che Hollywood ha fatto propria, ovviamente normalizzandola e rendendola innocua) è rappresentata dall’attenzione concessa a personaggi ormai in là con gli anni, alla ricerca di un’ultima occasione per sentirsi ancora vivi, dimostrare al mondo di avere ancora qualcosa da dire e salvare rapporti trascurati o dimenticati.
Il grande match mette a confronto due grandi anziani della storia del cinema americano, accomunati dal ruolo colossale avuto nel campo dei film sportivi – e più in particolare quelli sulla boxe.
A un angolo del ring troviamo quindi Sylvester Stallone, colui che ha scritto, diretto e interpretato Rocky (e che ha rinverdito i fasti dell’action old school, con analoga malinconia senile, tramite la serie de I mercenari); dall’altro Robert De Niro, che ha vinto il premio Oscar grazie alla colossale interpretazione di Jake LaMotta in Toro scatenato di Martin Scorsese.
A dirigere lo scontro troviamo Peter Segal, regista di commedie sentimentali o demenziali come Una pallottola spuntata 33⅓: l’insulto finale, Terapia d’urto, 50 volte il primo bacio: un indizio che fa intuire con facilità il tono che è stato dato all’operazione metacinematografica.
“Lʼaspetto più importante è la seconda occasione che viene offerta ai personaggi per recuperare le relazioni che hanno distrutto trentʼanni prima, in sostanza la boxe diventa una metafora del non mollare mai“, afferma infatti il cineasa.
In Il grande match sono tanti i riferimenti impliciti ed espliciti a Rocky e La Motta. Si veda per esempio nel trailer la scena in cui il personaggio di Stallone inizia a tirare pugni contro delle bistecche di manzo per poi essere redarguito dal suo allenatore.
Al centro della storia c’è lo scontro risolutivo tra Henry “Razor” Sharp e Billy “The Kid” McDonnen, due pugili di Pittsburgh ora in rovina che 30 anni prima erano stati dei grandi campioni divisi da una forte rivalità, chiusasi con il ritiro improvviso di Razor.
McDonnene ha sempre rimpianto l’occasione persa per battere il rivale (i due match in cui si incontrarono si chiusero con una vittoria a testa) e tre decadi dopo, sia per riscattare se stessi che per esigenze economiche, entrambi accettano la proposta di un promoter per un ultimo combattimento tra anziani per decretare chi sia il più forte tra i due.