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È tempo di sfatare falsi miti e tabù e dare una spiegazione semplice e chiara su una parte del corpo femminile su cui ci sono ancora molte perplessità: cos’è l’imene e a cosa serve.
Imene a cosa serve e cos’è
Imene: una parola che nel corso del tempo è stata molto importante per determinare la condizione delle donne. È giunto il tempo di fare un po’ di chiarezza e spiegare cos’è e a cosa serve.
Innanzitutto, letteralmente, la parola “imene” vuol dire “membrana”. Ma non solo, nella mitologia greca e romana, il dio Imene era colui che camminava alla testa dei cortei nuziali, forse figlio del dio Apollo e di una musa, forse di Dioniso e Afrodite. Insomma, sin dai tempi antichi era legato in qualche modo alla sessualità.
Si tratta di una membrana che circonda o ricopre l’apertura della vagina, che si estende da un lato all’altro. Può avere diverse forme, essere più spesso o più sottile, più rigido o più elastico. Alcune donne non lo hanno e altre, invece, hanno un imene che chiude completamente l’apertura. In quest’ultimo caso è utile sottoporsi a un piccolo intervento per permettere al flusso mestruale di uscire liberamente.
Pare che non abbia una funzione fisiologica particolare, ma con il trascorrere del tempo cambia forma e consistenza.
Imene a cosa serve e i falsi miti
Un tempo, ma, purtroppo, in molti casi anche al giorno d’oggi, la parola imene è associata al sesso. In particolar modo, si credeva – e, come detto, parte della popolazione lo crede anche oggigiorno – che al primo rapporto sessuale di una donna, corrisponda, di conseguenza, la rottura dell’imene. Ciò determinava dunque il passaggio dalla purezza e dalla verginità a una condizione differente.
In realtà, non è così. Essendo l’imene una membrana, una corona, non può essere rotto a seguito di una penetrazione di un pene, di un dito, di un assorbente o quant’altro. Ciò che è vero, invece, è che l’imene è rigido e con la sollecitazione della prima penetrazione potrebbe causare un lieve sanguinamento. Ma non è detto che ciò accada e, soprattutto, non è detto che l’eventuale sanguinamento, a seguito del primo rapporto sia dovuto all’imene.
Tanto meno il dolore. Per il dolore, entrano in gioco moltissimi altri fattori che accompagnano il primo rapporto sessuale di una donna. Tra di essi, i più diffusi e ai quali si può imputare un senso di dolore ci sono sicuramente la mancata lubrificazione delle pareti vaginali e secchezza, eventuali piccole abrasioni dovute allo sfregamento e, da non sottovalutare, la rigidità dei muscoli causata dallo stato emotivo. Nessuna sparizione di questa membrana, dunque, a seguito di penetrazione, ma possibile maggiore flessibilità della stessa.
Insomma, per secoli e secoli, le donne (e in certi paesi ancora oggi) sono state sottoposte a umiliazioni, anche pubbliche, per dimostrare la loro verginità seguendo il principio dell’imene intatto-vergine, imene “rotto”-non più vergine.
Imene a cosa serve e il dibattito sul nome
Fare chiarezza su cosa sia l’imene non vuol dire solamente spiegare effettivamente come sia fatta una parte anatomica del corpo della donna, ma ridare dignità al genere femminile ed evitare che vengano così stabilite sentenze e creati giudizi sulla base di conoscenze errate, ma radicate.
Negli anni, nei paesi soprattutto del Nord Europa, si sono susseguiti dibattiti sulla giusta denominazione di tale membrana femminile. Nel lontano 2009 un’associazione svedese aveva proposto di sostituire la parola “imene” con “corona vaginale”. A seguito di questa proposta, accettata dall’istituto che si occupa dello sviluppo della lingua in Svezia, l’espressione “corona vaginale” è entrata ufficialmente a far parte della lingua, andando a sostituire “imene”.
Otto anni più tardi, anche in Norvegia c’è stata una rivoluzione simile. A partire dal 2017, infatti, il dizionario norvegese ha al suo interno l’espressione “ghirlanda vaginale” al posto del termine “imene”.
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