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Ipazia d’Alessandria è stata una scienziata, matematica, astronoma e filosofa greca uccisa per mano di fanatici religiosi.
A più di mille anni dalla sua morte, è ancora oggi un simbolo della libertà di pensiero. Come spesso accadeva per gli studiosi dell’antica Grecia, non vi era per Ipazia un confine netto tra scienza e filosofia, che si fusero con lei in un’unica persona. Chi era Ipazia d’Alessandria?
Ipazia nacque intorno al 370 d.C. ad Alessandria d’Egitto e venne avviata dal padre, il noto filosofo Teone di Alessandria, allo studio della matematica, della geometria e dell’astronomia.
Fin da bambina potè studiare nella vastissima Biblioteca d’Alessandria. La principale attività di Ipazia fu la divulgazione del sapere matematico, geometrico e astronomico, ma si dedicò anche al sapere filosofico vero e proprio, seguendo pensatori come Platone, Plotino e Aristotele.
Ben presto divenne capo della Scuola Alessandrina e succedette il padre nell’insegnamento presso il Museo di Alessandria d’Egitto. Fu una donna di enorme cultura, che dedicò la sua vita al sapere.
A causa probabilmente di uno dei tanti incendi che nel corso della storia devastarono la Biblioteca d’Alessandria, di lei non sono rimasti scritti. Nonostante l’assenza di sue opere, il suo pensiero ci è giunto grazie alle testimonianza di altri autori, filosofi e studiosi del tempo, che ne parlano nei propri scritti come una delle menti più raffinate dell’epoca.
Tra le poche donne astronome dell’epoca, ad Ipazia vengono attribuite invenzioni straordinarie per l’epoca come quella dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, strumento con il quale si può misurare il diverso peso specifico dei liquidi.
Dedita anche all’astronomia, arrivò a ipotizzare idee rivoluzionarie sul moto della terra, cercando di superare la teoria tolemaica secondo la quale la Terra era al centro dell’universo.
Nella sua ricerca filosofica, aderì al pensiero neoplatonico, senza però seguire in maniera pedissequa gli insegnamenti di Plotino, ma nella maniera originale ed eclettica che le era propria. Si adoperò per tradurre e divulgare molti classici greci come le opere di Euclide, Archimede e Diofanto.
La sua attività principale fu però sempre l’insegnamento e la divulgazone fra i suoi discepoli delle conoscenze matematiche, astronomiche e filosofiche all’interno del Museo di Alessandria.
Non si convertì mai al cristianesimo, uno dei motivi che la condannarono a morte. Nel clima di fanatismo della nascente religione cristiana, Ipazia venne lapidata in una chiesa da una folla di fanatici.
Un gruppo di fanatici cristiani le tese un agguato mentre era di ritorno a casa: come raccontano le fonti, venne tirata giù da un carro e trasportata in una chiesa dove venne trucidata.
Le furono strappate tutte le vesti e, dopo essere stata smembrata, i suoi pezzi vennero portati al cosiddetto Cinerone, dove si dava fuoco a tutti gli scarti, e furono bruciate perché di Ipazia non rimanesse nulla.
Il suo nome è riemerso solo in epoca illminista, quando fu ricordata come simbolo della libertà di pensiero e dell’indipendenza della donna.