Chi era Irena Sendler: tutto sull’infermiera della Resistenza polacca

Chiara Caporale

Un'italiana a Dublino, con la passione per la scrittura, l'amore per lettura e la voglia di imparare costantemente,

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Tra le storie di donne di successo, merita un’attenzione particolare un’infermiera polacca, attiva nella Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, che riuscì a far fuggire dal ghetto di Varsavia 2500 bambini ebrei.

Ecco chi era Irena Sendler, una grande donna eroina nazionale della Polonia.

Chi era Irena Sendler: vita

Irena Stanislawa Sendler nacque nella zona operaia della città di Varsavia in Polonia il 15 febbraio 1910. La sua famiglia era molto cattolica e d’orientamento politico socialista. Il padre, medico, morì di tifo nel 1917, dopo aver contratto la malattia mentre assisteva ammalati che i suoi colleghi non vollero curare. Molti ammalati erano ebrei e dopo la morte del dottore si offrirono di pagare gli studi a Irena come segno di riconoscenza.

Irena, sin dall’adolescenza sviluppò una vicinanza nei confronti del mondo ebraico. Negli anni dell’università i dirigenti la sospesero poiché si oppose alla ghettizzazione degli studenti ebrei. Una volta terminati gli studi, iniziò a lavorare come assistente sociale.

Iniziato il secondo conflitto mondiale, si trasferì a Varsavia, dove con altri collaboratori riuscì a procurarsi 3000 passaporti falsi per aiutare le famiglie ebraiche a fuggire. Nel 1942 entrò a far parte della Resistenza, nel movimento cattolico Zegota.

L’incarico che le venne affidato fu quello di liberare dei bambini ebrei dal ghetto di Varsavia. In veste di lavoratrice dei servizi municipali, entrò nel ghetto, in cui organizzò la fuga dei bimbi. In altri momenti si spacciò per un tecnico delle fognature e una volta dentro al ghetto con il furgone, riuscì a portare in salvo molti neonati nascondendoli nel fondo delle cassette degli attrezzi. Una volta liberati, ai bambini venivano consegnati dei documenti falsi con nomi cristiani e i piccoli venivano affidati a famiglie o conventi.

Nel 1943 la Gestapo arrestò la Sendler e la sottopose a diverse torture, tra cui la rottura della gambe, condizioni che la costrinse a essere inferma per tutta la vita. L’organizzazione Zegota, corrompendo con denaro i soldati tedeschi, le evitò l’esecuzione. Il suo nome venne così registrato insieme con quello dei giustiziati, e per i mesi rimanenti della guerra visse nell’anonimato, continuando però a organizzare i tentativi di salvataggio di bambini ebrei.

Dopo la guerra subì minacce dal regime comunista e dal 1938 al 1968 si iscrisse al partito comunista polacco.

Riconoscimenti e memoria

Duranti gli anni di salvataggio dei bambini, la Sendler aveva scritto i veri nomi dei piccoli accanto a quelli falsi su dei fogli, poi seppelliti in vasetti in giardino. Terminata la guerra, il comitato ebraico riuscì a rintracciare quasi 2000 di quei bambini.

Nel 1965 Irena Sandler ebbe il titolo di Giusta tra le nazioni a Gerusalemme, dove si recò per ricevere il riconoscimento.

Solo dal 1999 alcuni studenti del Kansas riscoprirono la sua figura e prepararono un progetto per far conoscere internazionalmente il suo operato.

Il 2003 fu un anno importante. Ricevette infatti una lettera da papa Giovanni Paolo II, il quale la ringraziava per gli sforzi durante la guerra. Sempre nello stesso anno ricevette anche l’Ordine dell’Aquila bianca, la più alta decorazione civile della Polonia. Ne 2007, inoltre, il governo polacco la proclamò eroe nazionale.

Quando si pensa alla Seconda Guerra Mondiale arrivano subito alla memoria nomi importanti come Winston Churchill, ma non si devono dimenticare i veri eroi come Irena Sendler.