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La tecnica del flusso di coscienza usata per dare voce ai protagonisti dei romanzi ha portato grande successo a tre autori del ‘900.
Diventa un segno distintivo della penna di Virginia Woolf, dello scrittore italiano Italo Svevo e del grande James Joyce.
James Augustine Aloysius Joyce, conosciuto come James Joyce (Dublino, 2 febbraio 1882 – Zurigo, 13 gennaio 1941), è stato uno scrittore e poeta irlandese. Cresce in una famiglia borghese di stampo cattolico con i suoi nove fratelli e i genitori John e Mary. A soli nove anni scrive il suo primo testo, un saggio di accusa verso uno dei politici e giornalisti più discussi del momento.
Frequenta diversi college prestigiosi di vocazione cristiana ma a 16 anni il giovane dimostra il suo rifiuto verso la religione orientandosi più verso la filosofia. Si iscrive poi allo University College di Dublino per studiare lingue moderne, nello specifico inglese, francese e italiano.
Continua nel frattempo a trascrivere le sue prese di posizione su carta e si dedica anche per un po’ al mondo del teatro.
Si trasferisce, una volta laureato, nella capitale francese per seguire i corsi di medicina alla Sorbona, ma la madre si ammala di tumore e torna in Irlanda. Il suo ritorno non è completamente negativo per la sua carriera che prende il volo nel 1904 con una serie di eventi.
Completa la sua prima opera “Ritratto dell’artista da giovane”, incontra Nora, l’amore della sua vita che influenzala stesura di “Ulisse”. Esce poi “The Holy Office” una raccolta di poesie e una serie di racconti che entreranno a far parte di “Gente di Dublino”.
Il desiderio di coronare un successo all’estero si avvera quando ottiene un posto come insegnante alla Berlitz School di Zurigo, ma si interrompe presto. Scopre infatti che il posto riservato a lui si trova in realtà a Trieste e una volta trasferitosi riesce a continuare “Gente di Dublino”. L’opera si conclude durante un soggiorno a Roma ed è pronta ad essere pubblicata.
Joyce torna quindi a Dublino nel 1909 e decide di occuparsi del lancio che riesce però a concludersi solo nel 1912. Oltre ad ottenere grandissimo successo per la tecnica del flusso di coscienza, l’opera mette in evidenza la paralisi della città attraverso le epifanie.
Con questo termine l’autore intende i momenti di realizzazione improvvisa che invadono i suoi personaggi.