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Fa piuttosto discutere negli ultimi tempi perché è stata presentata come un modo per cercare di ridurre i contagi da coronavirus e il tasso di mortalità.
Il lockdown generazionale prevede misure restrittive riguardanti solo alcune fasce d’età, tendenzialmente gli over 60, la fascia considerata più a rischio. Ma quali sono i pro e quali i contro di questa misura?
L’Istituto per gli Studi di politica internazionale (ISPI) è stato il primo a parlare di questa possibile misura e dei suoi vantaggi: un lockdown generazionale potrebbe, secondo gli studi condotti, salvare la vita dal 50% al 98% dei soggetti più a rischio, ovvero gli over 60.
La premessa che ha guidato lo studio parte da dati numerici risalenti alla prima ondata della pandemia: l’82% dei deceduti per Covid aveva più di 70 anni e il 94% ne aveva più di 60. La tesi che ne è seguita è stata quella di proporre delle restrizioni selettive per queste fasce d’età, se gli ultrasessantenni fossero isolati la mortalità causata dal virus sarebbe dieci volte inferiore, secondo i ricercatori dell’ISPI.
Altri ricercatori sono giunti a simili conclusioni: il Centro Nazionale delle ricerche ha confermato la necessità di misure diverse a seconda delle fasce d’età. Lo studio prende avvio da un articolo pubblicato da gruppo di scienziati italiani coordinati da Antonio Scala, presidente della Big Data in Health Society e ricercatore del CNR, sulla rivista Natura Scientific Reports, lo scorso agosto. Secondo quanto emerso dalla ricerca, i giovani fino ai 19 anni e gli anziani over 70 sono le classi che più avrebbero potuto incidere nella possibile ripresa dei contagi.
I pro di queste misure risiedono principalmente nella minor pressione sulle strutture ospedaliere. Il rapporto dell’ISPI conferma che tra i ricoverati in terapia intensiva a causa del Covid-19, una persona su due è un ultrasessantenne mentre tre persone su quattro hanno più di 56 anni. Isolare quindi questa fascia d’età permetterebbe di ridurre di quasi tre quarti la pressione sul nostro Sistema Sanitario.
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Moltissimi sono i dubbi sorti riguardo alla possibilità di confinare gli ultrasessantenni. Come prima cosa ci si chiede a chi sarebbe affidato il controllo di un tale isolamento ma poi un’altra domanda sorta è: chi accetterebbe davvero queste misure? Nel primo lockdown si è visto come fossero moltissimi gli anziani a voler uscire di casa andando a fare la spesa anche solo per avere qualche contatto sociale.
La solitudine sarebbe quindi la conseguenza psicologica più grave e la causa che porterebbe gli anziani a infrangere un possibile lockdown generazionale.
Oltre a ciò, è da considerarsi anche il fatto che molti ultrasessantenni sono ancora molto attivi sia professionalmente che in ambito familiare. Un 65enne non per forza è da considerarsi pensionato, anzi, la maggior parte degli over 60 ha ancora un lavoro fisso. Tendendoli isolati in casa si potrebbero avere quindi anche conseguenze negative per l’economia? L’ISPI ha spiegato che si tratterebbe di una fascia relativamente contenuta e che quindi non andrebbe a incidere troppo sul tessuto produttivo del Paese.
Rimane il fatto che i primi tentativi di attuare questa misura sono stati accolti negativamente dall’opinione pubblica. Un primo caso è stato quello ligure per cui il presidente Giovanni Toti ha valutato un eventuale confinamento degli anziani ritenuti “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”. L’affermazione è stata valutata del tutto priva di sensibilità ed è stata seguita da numerose critiche. Non rimane che da vedere se questa proposta di un lockdown generazionale avrà un seguito.
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