In un periodo governato dalla prosa, la poesia vince il Premio Nobel per la Letteratura 2020.
Il Merito va a Louise Glück, scrittrice statunitense che in un edizione particolare dell’annuale celebrazione porta a casa il tanto ambito onore. Ad annunciarlo è l’Accademia di Svezia che quest anno ha premiato altre donne meritevoli come per esempio la francese Emmanuelle Charpentier per la chimica e la fisica Andrea Ghez.
Nata a New York e cresciuta a Long Island, Louise si iscrive prima al Sarah Lawrence College e poi alla Columbia University.
Non vanta un’infanzia facile, la scrittrice infatti ha sofferto di anoressia e questo l’ha influenzata molto nel percorso sia di crescita che creativo. Tra i commenti della critica ricorre spesso l’apprezzamento verso la sua capacità di trasmettere l’intensità delle emozioni provate. Tra queste anche il forte trauma provato quando la sua casa è andata fuoco, confessato nella raccolta “The Triumph of Achilles” del 1985 e la morte del padre, raccontato nel 1990 con “Ararat”.
La prima raccolta, intitolata “Firstborn”, esce nel 1968 ma deve attendere altre due pubblicazioni e circa vent anni per ottenere il riconoscimento desiderato. Ottiene infatti l’attenzione della critica americana nel 1992 quando le viene assegnato il famoso premio Pulitzer con “The Wild Iris”.
A distinguerla dagli altri lo stile elegante, controllato e profondo. Nelle sue poesie definite “dark” esprime perdita, isolamento e rigetto. I critici affermano che pochi poeti riescono ad essere così alienanti e depressi e riuscire a renderlo interessante.
Con gli anni il successo aumenta e con lui i riconoscimenti. Nel 1999 vince il prestigioso Bollingen Prize della Yale University per la raccolta “Vita Nova”. In un’intervista la Gück afferma addirittura di averci messo pochissimo a scriverla perché i pensieri scorrevano come un fiume in piena e le impedivano di fermarsi.
Il ricorso alla mitologia, iniziato con Il Trionfo di Achille e presente in Vita Nova, si rivede anche in “The Seven Ages” del 2001 che si presenta come una raccolta ancora più introspettiva e personale che parte dai ricordi di infanzia fino alla contemplazione della morte.
Nel 2003 riceve il titolo di dodicesima U.S. Poet Laureate e in più diventa giudice per la Yale Series o Young Poets che la rende ospite fisso fino al 2010. Nel 2008 riceve il Wallace Stevens Awards e nel 2015 la medaglia d’oro per la poesia dalla American Academy of Arts and Letters. Era quindi solo questione di tempo prima che riuscisse ad essere premiata oltreoceano.