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Marvi Santamaria, scrittrice e community leader del gruppo che sta spopolando su Facebook, “Match and theCity”, ci racconta come scegliere il ristorante perfetto per il primo appuntamento e le regole fondamentali da seguire nel caos dell’app dating.
Sono una ragazza di 31 anni, di origini siciliane e a Milano da 5 anni, dove lavoro come Social Media Strategist in ambito pubblicitario. Scrivo non solo nel mio lavoro quotidiano ma anche tramite i miei progetti personali e su delle testate giornalistiche online.
“Match and the City” è nato a fine 2016 dopo che avevo accumulato un po’ di aneddoti e storie personali avendo frequentato assiduamente le app di incontri per 3-4 anni a Milano.
Allora mi sono chiesta se vi fossero gli spazi virtuali in Italia in cui si parlasse di questo mondo: non ce n’erano ancora, così ho deciso di creare io la prima community italiana che parlasse di dating app come Tinder. Inizialmente non avevo particolari obiettivi, poi man mano mi sono addentrata nell’argomento, ho approfondito anche il femminismo al quale mi sono avvicinata sempre più. Così oggi sul mio blog e sui miei canali social parlo di questo mondo cercando di andare oltre gli stereotipi e scardinare i tabù che ancora persistono nella società italiana.
Il progetto man mano si è arricchito diventando un ecosistema che oltre al blog, a Facebook e Instagram, comprende anche un libro che ho pubblicato a maggio 2019 che si intitola “Tinder and the City. Avventure e disagi nel mondo delle dating app” (Agenzia Alcatraz), degli eventi a Milano e un mio podcast prodotto da Querty.
Cerco sempre di pormi alla pari rispetto a chi mi segue. Gli influencer sono persone, così come i follower. Oggi c’è una certa reticenza a usare questi termini perché sono visti negativamente in quanto appartengono al mondo del marketing, ma io lavoro in pubblicità e quindi ci tengo a chiamare le cose col proprio nome, senza aver paura di determinati concetti. Ciò non vuol dire che essere influencer debba togliere umanità, anzi: ciò che premia secondo me è stabilire un rapporto autentico e di continuo ascolto verso la propria community.
Questo rapporto con pochi filtri sono riuscita a stabilirlo da subito, spontaneamente, dato che è anche il mio modo di essere nella vita. Già dai primi mesi di apertura della pagina Facebook le persone mi scrivevano in privato le loro storie e riflessioni su ciò che stavano vivendo sulle app: era come se mi vedessero un’amica con la quale potersi confidare, sapendo che non li avrei giudicati. Ed è proprio questo spirito che voglio mantenere nella mia community.
Io continuo a essere per una “non-guida” e tendo a evitare un approccio “manualistico”, perché siamo tutti diversi. Perciò con la mia esperienza di anni sulle dating app, e tramite le storie che quotidianamente raccolgo nella mia community, ho riscontrato alcuni aspetti trasversali e ricorrenti.
Fondamentale è capire in che terreno si gioca e che si tratta appunto di un gioco.
Questo significa che da un lato il gioco può essere divertente e spalancarci decine di possibilità per conoscere molte persone in poco tempo tramite app, ma al contempo possiamo incappare in incomprensioni, disagio, frustrazione, sofferenza per come vanno le interazioni in chat e gli appuntamenti. Questo perché i giocatori non sono virtuali: sono persone reali, con il loro bagaglio di sentimenti.
Le regole del gioco si apprendono solo man mano che si usano le app e si entra nel meccanismo. Ciò detto, non per tutti le app di incontri sono un gioco interessante o che valga la pena fare: usarle o meno è una libera scelta ovviamente. Certo è che permane un forte pregiudizio sociale verso chi usa le app, dato che vengono reputate persone che hanno problemi relazionali o che hanno fallito in quel campo (di solito tra l’altro questi commenti vengono da chi le app non le ha mai usate e quindi non ha cognizione di causa).
Non dev’essere per forza così: si possono usare le app anche semplicemente perché piace la dinamica peculiare che offrono e si vuole sperimentare qualcosa di nuovo. Quanto alle regole, mi sento di darne un paio ma per me imprescindibili: non fare mai nulla che non si abbia realmente voglia di fare (il consenso è la chiave) e avere sempre rapporti sessuali protetti! Il gioco è bello quando è sicuro.
L’amore ai tempi di Tinder è qualcosa di complesso, ma non c’entrano solamente Tinder o le app. Le possibilità di interazione grazie al digitale si sono moltiplicate, di conseguenza anche le tipologie di rapporto che possiamo creare si sono stratificate su più livelli e possiamo comunicare simultaneamente su più canali: tutto questo aggiunge appunto complessità. Ma la complessità non è per forza negativa.
Come amo ribadire: non c’è la tecnologia che deve funzionare (o che può “rovinarci”), sono le persone a dover funzionare! E certi copioni relazionali rimangono uguali nonostante la tecnologia, coi loro clichè e le dinamiche legate ai ruoli di genere, per decenni.
Oggi abbiamo le app per incontrarci ma stiamo ancora a discutere se debba essere l’uomo a fare la prima mossa o a pagare la cena, se sia “socialmente accetabile” che una donna decida di vivere la propria sessualità liberamente con le discriminazione di genere che ne conseguono, e così via con altri stereotipi che ci ingabbiano.
Non c’è, perché l’appuntamento perfetto non esiste. Il pieno soddisfacimento che dovrebbe derivare da qualcosa di “perfetto” è appunto un criterio totalmente soggettivo: uno stesso appuntamento può sembrare fantastico per una persona, terribile per l’altra che lo ha vissuto. Qui entrano in gioco le aspettative e sulle dating app accade molto spesso che le aspettative salgano a mille, salvo poi esplodere come una bolla di sapone quando uno dei due fa ghosting…
eppure sembrava tutto così “perfetto”!
Il mio consiglio generale per vivere serenamente gli appuntamenti è cercare di essere se stessi e di non pensare di dover dimostrare per forza qualcosa all’altro.
So che è difficile perché si cerca sempre di fare la migliore impressione possibile dato che potrebbe essere l’unica chance a disposizione, ma essere autentici ripaga, se non altro perché permette di impostare da subito un rapporto con pochi filtri. L’altro consiglio è di comunicare il più possibile: anche questo sembra difficilissimo nella giungla degli appuntamenti al buio dato che accadono tra perfetti sconosciuti e possono sorgere imbarazzo, disagio, tentazione nel crearsi un “personaggio”.
Molti misunderstanding nei rapporti (non solo quelli al buio ma anche in rapporti di coppia consolidati da anni!) nascono proprio dai non-detti e da ciò che non è stato chiesto al partner e si è dato per scontato.
Con TheFork c’è stato da subito un “match” perfetto: sia il mio progetto che il loro brand si occupano di tematiche lifestyle molto attuali e il mondo degli appuntamenti e della socialità a tavola si sposavano già perfettamente dato che l’app di TheFork viene usata molto per prenotare ristoranti per il primo appuntamento.
Io stessa conoscevo già l’app e l’avevo utilizzata anche con appuntamenti di Tinder. TheFork mi ha conosciuta tramite il mio libro e la mia community e quando mi hanno proposto di collaborare sono stata felice di poter contribuire col mio punto di vista per dare consigli su come scegliere il locale adatto per un primo appuntamento.