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La mononucleosi è una malattia che può colpire tutti, uomini e donne. E’ un virus quindi molto comune e molto diffusa. In gravidanza può essere più problematica. Come riconoscerla e come curarla?
Mononucleosi in gravidanza
I sintomi della mononucleosi in gravidanza sono molto simili a quelli tipici dell’influenza. Possono comparire, quindi, febbre alta, mal di gola, male alle orecchie, ingrossamento dei linfonodi del collo, stanchezza cronica e molto altro ancora.
Generalmente, si dice che le donne che hanno sintomi simili a questi dovrebbero consultare subito un ginecologo: potrebbe, infatti, trattarsi di citomegalovirus. E’ bene quindi non sottovalutare il problema ma anzi sottoporsi a controlli quanto prima.
E’ possibile che vi siano altri sintomi. Questi possono essere l’ingrossamento della milza, un’infiammazione più o meno severa del fegato, ittero oppure eruzione cutanea. La mononucleosi è una malattia di origine virale. La persona, quindi, viene contagiata attraverso il contatto diretto o indiretto con una persona ammalata.
Poiché si trasmette attraverso respiro e saliva, in modo diretto, viene chiamata anche “la malattia del bacio”. E’, infatti, molto frequente tra gli adolescenti.
Curare la mononucleosi
Come si può curare la mononucleosi in gravidanza? Dobbiamo considerare che, in generale, essendo una malattia di origine virale, la mononucleosi non ha una cura specifica. Si deve, infatti, attendere che l’organismo debelli l’infezione virale da solo. La cura ha quindi principalmente un decorso autonomo verso la guarigione.
Gli antibiotici in questo caso non servono. Soprattutto se assunti da una donna in gravidanza, possono addirittura creare anche danni gravi al feto. Meglio, quindi, evitarli. Si possono eventualmente assumere degli antipiretici, per abbassare la temperatura corporea, sempre sotto stretto controllo medico.
La cura migliore è rappresentata dal riposo. L’organismo, infatti, sta cercando di debellare l’infezione e, quindi, è già molto debilitato.
Dobbiamo assecondare la naturale voglia di riposo che abbiamo in questi momenti. In alcuni casi, vengono somministrati dei cortisonici: ciò, però, avviene solo in modalità gravi e in gravidanza ci vuole molta cautela.
Rischi in gravidanza
Generalmente, nemmeno in gravidanza vi sono veri e propri rischi derivanti dalla mononucleosi. Non esistono, infatti, casi scientifici che dimostrano che la mononucleosi in gravidanza sia rischiosa, sia per la mamma che per il bambino. La mamma non trasmette il virus al bambino, in nessun caso.
Esistono delle complicanze derivate dalla mononucleosi, indipendentemente dallo stato di gravidanza oppure no. Queste riguardano, ad esempio, la rottura della milza.
Si tratta, in ogni caso, di un fenomeno molto raro. In alcuni casi, le donne in gravidanza possono contrarre infezione da Citomegalovirus, i cui sintomi sono molto simili alla mononucleosi. Si tratta di una malattia che è anche chiamata come sindrome simil-mononucleosi infettiva.
Tale patologia è più complicata, perché si trasmette al bambino nei primi trimestri di vita e può interferire con la formazione dei suoi organi. Fortunatamente, però, sono davvero pochissime le mamme che contraggono questa infezione nei primi mesi della gestazione, cioè quando i rischi sono maggiori.
Rischio mononucleosi
I rischi per la mononucleosi in gravidanza, dunque, esistono ma sono molto rari. Non esiste il rischio di malformazioni fetali. L’unico inconveniente che si può avere è che il sistema immunitario materno potrebbe esserne sofferente. Quindi, ciò potrebbe portare la futura mamma a poter essere cagionevole nei confronti di alte infezioni.
In ogni caso, la malattia anche in gravidanza si risolve spontaneamente senza l’uso di farmaci. Non sono necessarie terapie; l’unica raccomandazione è quella di stare a riposo e di non compiere sforzi fisici, onde evitare di allungare i tempi di guarigione dalla malattia e ristabilirsi nel più breve tempo possibile.
Raccomandabile, in tutti i casi, è la prevenzione, onde evitare di contrarre la malattia nei limiti del possibile. Tramite contatto diretto, quindi anche con rapporti sessuali o uso di posate, piatti, giocattoli e bicchieri in comune, si può contrarre la malattia.
Le persone che hanno contratto il virus, inoltre, rimangono portatori per almeno 6 mesi. Sono proprio queste persone che devono stare molto attente, perché possono contagiare a loro volta altre persone. I luoghi dove abbiamo una maggiore possibilità di contagio sono quelli affollati. Luoghi quindi in cui vi è uno scarso ricambio d’aria e una grande vicinanza tra le persone, come le palestre, gli ospedali, le scuole, i locali e mezzi pubblici.
Lavarsi spesso le mani è un arma vincente, così come soffiarsi spesso il naso e, se possibile, usare una sciarpa per coprirsi bocca e naso. Si raccomanda, inoltre, il consumo di acqua minerale se già contagiati, per tenere idratate le mucose affette dal virus e migliorare la situazione in poco tempo.