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Filippo Bisciglia non ha avuto un’infanzia facile.
Dai due ai cinque anni è stato privato dell’uso delle gambe da una malattia poco conosciuta che comporta la progressiva decalcificazione dell’anca. In questo modo il bambino non poteva articolare i passi e rischiava di rimanere intrappolato sulla sedia a rotelle per tutta la vita. Grazie a una terapia sperimentale le cose non sono andate così.
A vederlo oggi energico, abbronzato e in piena forma, è difficile pensare a Filippo Bisciglia come a un bambino in sedia a rotelle, eppure l’infanzia di Filippo è stata segnata da una malattia che avrebbe potuto completamente rovinargli la vita.
La malattia di Perthes colpisce esclusivamente i bambini ed è causata da un ridotto afflusso di sangue alla testa del femore. Il femore è l’osso principale della gamba, che collega il bacino al ginocchio. Non essendo irrorato da sangue a sufficienza, la parte superiore del femore finisce con l’andare in necrosi, cioè i tessuti che compongono l’osso cominciano lentamente a morire.
La testa del femore, ovvero la parte che si aggancia direttamente al bacino attraverso l’articolazione dell’anca, finisce quindi con il rompersi a causa di fratture di varia gravità.
Le fratture vengono ricomposte dall’organismo ma si tratta di soluzioni temporanee: anche i nuovi tessuti prodotti dall’organismo infatti finiranno con l’andare in necrosi a causa dell’afflusso di sangue insufficiente. Fortunatamente la necrosi di questo genere è asettica e quindi non comporta infezioni che minerebbero la salute dell’intero organismo portando il bambino a una morte precoce e rapida.
Il trattamento della malattia in bambini molto piccoli non può passare attraverso la chirurgia, che viene adoperata soltanto nei casi più gravi: nella maggior parte dei casi si costringe il bambino al riposo assoluto, a fisioterapia e talvolta a trazione dell’arto e applicazioni di ghiaccio.
Questa strategia permette di ritardare le fratture e permettere la corretta guarigione delle altre.
Bisciglia fu colpito dal morbo di Perthes quando aveva solo due anni. Dai tre ai cinque anni fu costretto a muoversi esclusivamente in carrozzina e negli anni successivi fino all’inizio dell’adolescenza fu costretto a sottoporsi a frequenti controlli e a sottoporsi costantemente a fisioterapia, per impedire che la malattia avesse conseguenze anche sulla sua vita da adulto impedendogli di camminare normalmente.
Di quel periodo Bisciglia ha raccontato di non ricordare molto: sua madre ha buttato tutte le foto che ritraggono Filippo dai tre ai cinque anni, in maniera che il bambino (e l’uomo che Filippo è oggi) non dovesse mai vedere se stesso in carrozzina.
Di quel difficile periodo della sua vita il presentatore ha raccontato di portare con sé la consapevolezza che ogni giorno può presentarsi una sfida diversa e imprevista e che è sempre necessario dare il massimo per superare momenti di difficoltà.