La tragicommedia della vecchiaia secondo Payne
Premiato allo scorso Festival di Cannes con la Palma d’oro per la migliore interpretazione maschile (finita nelle mani del protagonista Bruce Dern), Nebraska è l’ultimo film di Alexander Payne, giù autore di Election, A proposito di Schmidt, Paradiso amaro e Sideways – In viaggio con Jack.
In questa pellicola fotografata in uno splendido bianco e nero il regista ritorna al tema del viaggio esistenziale a lui tanto caro, che già era stato al centro delle sue precedenti pellicole.
Un altro elemento ricorrente della poetica del cineasta – in questo caso, eccezionalmente, non sceneggiatore, dato che lo script è opera di Bob Nelson – è da ravvisare nell’atmosfera agrodolce e crepuscolare, che si sostanzia in un tono che trascolora senza soluzione di continuità dalla commedia al dramma.
Dopo aver fornito una descrizione molto anomala delle Hawaii in Paradiso amaro, Payne ambienta Nebraska in un’America senile e periferica, lontana dagli stereotipi hollywoodiani, per una particolare fascinazione verso una realtà carica di malinconia, come da lui stesso affermato: “Per molti versi questo racconto potrebbe essere ambientato in qualunque posto degli Stati Uniti, ma dato che si svolge in un luogo che conosco bene, mi ha dato modo di tirar fuori molti dettagli. Io sono di Omaha, che è più grande della cittadina da cui vengono i Grant, e così il film mi ha dato l’opportunità di esplorare un Nebraska rurale che ha per me qualcosa di quasi esotico.”
Come già detto per l’operazione che aveva in mente il regista era necessario uno sguardo più lucido e meno compiaciuto di quello cui siamo abituati quando si parla della terza età filtrata dalla lente del cinema. Nelson si è dunque concentrato su un chiaroscuro della coppia padre-figlio presente nel film, in grado di abbracciare le diverse sfumature dell’esperienza umana: “Mi piacciono le storie che trattano di umanità e volevo scrivere qualcosa sulla gioia di vivere e sulla tristezza che sempre l’accompagna. Volevo anche scrivere qualcosa che facesse commuovere il pubblico […] Ma soprattutto volevo che le persone rappresentate in questo film apparissero talmente reali da coinvolgerti completamente nella loro vita“.
Protagonista della pellicola è dunque l’anziano Woody (Dern), originario di Hawthorne, Nebraska, ma trapiantato a Billings, nel Montana. Testardo e taciturno, l’uomo è ormai giunto in quel periodo in cui bilancio della propria vita diventa impellente, ancorché insoddisfacente: Woody si sente inutile e dimenticato, ma la possibilità di una vincita alla lotteria potrebbe cambiare le carte in tavola.
Per reclamare il bottino è necessario un lungo viaggio verso Lincoln, proprio nel Nebraska, ma Woody non ha le forze necessarie per un’impresa del genere. Il figlio David (Will Forte), preoccupato per la salute fisica e mentale del padre, si offre così di accompagnarlo, finendo così per dare avvio a un’odissea famigliare che lo porterà a scoprire la grandezza e la miseria insieme di un genitore di cui pensava erroneamente di sapere ogni cosa.