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Inventing Anna, prodotto targato Netflix e firmato Shonda Rhimes, è stata senza dubbio una serie di successo sulla piattaforma di streaming.
D’altro canto, la storia di Anna Sorokin – recente, nebulosa e accattivante – ha subito incuriosito gli abbonati. Sebbene inizialmente si pensasse a una docu-serie più aderente alla realtà, Inventing Anna si è invece rivelato uno show “liberamente ispirato” e senza dubbio romanzato in pieno stile Shondaland. Era scritto a chiare lettere all’inizio di ogni episodio: “Questa storia è completamente vera tranne le parti che sono completamente inventate”. Ma pare che questo avviso non abbia messo Netflix e Inventing Anna al sicuro dalle beghe legali…
Sembra infatti che l’adattamento della serie abbia fatto storcere più di un naso tra le persone coinvolte nei fatti realmente accaduti con Anna Sorokin. La narrazione di Inventing Anna, per quanto romanzata e camuffata, è piuttosto esplicita su alcuni elementi chiave della vicenda… come ad esempio il nome – vero – di Rachel Williams. L’identità della giornalista di Vanity Fair da cui è partita tutta l’indagine su Anna non è stata infatti in alcun modo camuffata o censurata da Netflix in Inventing Anna.
E difatti è stata proprio lei a smuovere la legge sulla questione.
Mettiamo subito le carte in tavola: Rachel Williams, per quanto sia la parte lesa nella storia di Anna Sorokin, non ci fa proprio una bella figura in Inventig Anna. Si tratta infatti di un personaggio che la serie Netflix ha reso in modo abbastanza impietoso, mostrandone tante fragilità, incoerenze e difetti. I legali della Williams hanno infatti dichiarato che Netflix, deliberamente, ha scelto di descrivere Rachel Williams come “una persona avida, snob, sleale, disonesta, vigliacca, manipolatrice e opportunista”…
insomma, niente di lusinghiero.
La ragione della denuncia contro Netflix è piuttosto chiara: avendo utilizzato il vero nome della giornalista e avendone restituito un’immagine abbastanza negativa o comunque non rispondente alla verità secondo Rachel Williams, l’accusa è quella di diffamazione. A livello globale, tra l’altro, considerato che Inventing Anna non è stato distribuito solo negli Stati Uniti!
Un caso anomalo, quello dell’utilizzo del vero nome di Rachel Williams, giacché altri nominativi sono stati censurati (come quello dell’avvocato di Anna).
Secondo i rappresentanti legali di Rachel, Inventing Anna avrebbe dovuto dare anche a lei un nome fittizio, evitando confusione tra realtà e finzione, cosa che invece sarebbe accaduta con conseguenze importanti per la giornalista.
Secondo gli avvocati, a seguito della messa in onda della serie Netflix, la Williams “è stata sottoposta a una valanga di abusi online, interazioni negative di persona e caratterizzazioni peggiorative in podcast, ecc. basati sulla serie.” La scelta fatta con Inventing Anna avrebbe quindi esposto la giornalista “al pubblico disprezzo, al ridicolo, all’avversione o al disonore, o indotto un’opinione negativa su di lei.”
Chi avrà la meglio in aula? Netflix o Rachel Williams? Ma soprattutto, come mai in Inventing Anna si è scelto di non censurare il nome della giornalista? Non sarà un caso di “bene o male purché se ne parli”? Potrebbe costare caro a Netflix…