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Il bambino che compare nello scatto della copertina di Nevermind dei Nirvana ha fatto causa alla band, incolpandoli di pedopornografia e sfruttamento sessuale minorile.
Il ragazzo, che si chiama Spencer Elden e ha 30 anni, ha chiesto un ingente risarcimento.
Correva l’anno 1991 e i Nirvana uscivano sul mercato discografico con Nevermind. Sulla copertina, diventata una delle immagini più iconiche di sempre, c’era un bambino immerso nell’acqua, con una banconota da un dollaro davanti agli occhi. Quel bimbo, che all’epoca aveva quattro mesi, è stato immortalato da Kirk Weddle ed è diventato una specie di baby star.
Eppure, a distanza di tanti anni, Spencer Elden – questo il nome del protagonista della copertina della band – ha fatto causa ai Nirvana.
Stando a quanto si apprende dai maggiori quotidiani, Elden ha deciso di fare causa ai Nirvana con le accuse di pedopornografia e sfruttamento sessuale minorile. Quello che all’epoca era un bebè di 4 mesi, sostiene che la fotografia di lui che nuota nudo sia pedopornografia e non vuole che la sua immagine venga usata da qualche mente malata.
Inoltre, secondo il suo avvocato, la banconota da un dollaro, che venne aggiunta successivamente dai grafici, è un dettaglio che lo fa apparire come un “lavoratore del sesso“. Ai tempi della copertina di Nevermind, i genitori di Spencer ricevettero 200 dollari per lo scatto in piscina.
Elden, oltre a citare in causa in Nirvana, chiede loro un risarcimento di 150mila dollari.
Stando a quanto sostiene il suo avvocato, infatti, il direttore artistico di Nevermind ha creato un’immagine focalizzata sui genitali del suo assistito, in modo da aumentare lo shock e la natura oscena dello scatto. Pertanto, la verà identità di Spencer sarà sempre legata allo sfruttamento sessuale che i Nirvana gli hanno ‘attribuito’ quando era un bambino. La causa vede coinvolta la band, ma anche la vedova di Kurt Cobain Courtney Love, gli eredi del frontman, il fotografo Kirk Weddle, il direttore artistico Robert Fisher e i manager Heather Parry e Guy Oseary.
Sotto accusa, inoltre, sono finite anche le etichette responsabili della distribuzione, ovvero: UMG, Warner Records e David Geffen’s Geffen Records.