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Dopo la terribile aggressione subita nel mese di luglio del 2018 da Niccolò Bettarini, la Corte d’Appello di Milano ha emesso la sentenza e ha confermato, più o meno, le pene inflitte in primo grado agli imputati.
I giudici hanno sottolineato la “caratura micidiale” dei colpi sferrati contro il figlio di Simona Ventura e Stefano Bettarini.
Niccolò Bettarini, circa un anno e mezzo fa, è stato aggredito con nove coltellate. Ad oggi, la Corte d’Appello di Milano ha emesso la sentenza e ha diminuito leggermente le pene inflitte agli aggressori nel corso del primo grado. I quattro ragazzi che hanno picchiato brutalmente il figlio di Simona Ventura e Stefano Bettarini sono stati processati con rito abbreviato e condannati al carcere per un periodo che varia tra i 5 e gli 8 anni.
I giudici, nell’ultima sentenza emessa, hanno sottolineato che i 9 fendenti inflitti a Niccolò erano “idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte”. In parole povere, significa che le coltellate sono state perpetuate affinché la vittima perdesse la vita. Stando a quanto hanno dichiarato i giudici, i 4 ragazzi hanno “agito allo scopo di provocare” a Mr. Bettarini “un male non commisurabile, sicuramente gravissimo”. Colui che impugnava il coltello “ha diretto, con sicura ed univoca volontà i colpi alla parte superiore del corpo, ove sono collocati gli organi vitali”.
Niccolò si è salvato e non è morto perché, come ha osservato la corte, ha una “corporatura molto robusta”, è stato agile nei “movimenti” e, infine, perché alcuni amici sono andati “in suo soccorso”.
La terza Corte d’Appello, presieduta da Guido Brambilla, ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Giulio Benedetti di riconsiderare le pene inflitte in primo grado. Nello specifico, per Davide Caddeo e Albano Jakej gli anni di carcere sono passati da 9 a 8 anni per il primo e da 6 anni e mezzo a 6 anni e 4 mesi per il secondo.
Per Alessandro Ferzoco è rimasta valida la condanna a 5 anni e 6 mesi e stessa cosa per per Andi Arapi, che dovrà scontare 5 anni di carcere. Per quanto riguarda la provvisionale di 200 mila euro destinata a Niccolò, anche questa è rimasta invariata. I giudici hanno anche osservato che “l’esame della idoneità degli atti a cagionare la morte della vittima deve essere condotto non già con riguardo all’entità delle lesioni sofferte dalla parte lesa, bensì alle modalità dell’azione”.
La Corte d’Appello di Milano ha ribadito che la “condotta criminosa (…) deve essere valutata come unica” e che si ritiene “evidente (…) che gli imputati, sull’onda emotiva destata dalla concitazione della lite, senza dubbio alimentata da rancori precedentemente emersi (…), oltre che dall’uso di sostanze alcoliche, abbiano riversato tutta la loro violenza sul Bettarini (quella sera riconosciuto e additato come il figlio dell’ex calciatore, ndr), rimasto vittima di una aggressione brutale per ragioni senz’altro prive di ogni valido, o anche solo comprensibile fondamento”.
Al momento, manca ancora il terzo processo davanti alla Cassazione.