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No agli assorbenti! L’ultima arma utilizzata dal movimento femminista per rivendicare i diritti delle donne si fonda proprio su quell’elemento che più di tutti le contraddistingue dagli uomini: il ciclo mestruale. Un’idea stravagante e che non può non sconcertare tutti, ma che pare abbia avuto, già in passato, non solo dei precedenti ma anche delle conquiste.
Il nome di questo fenomeno è “Freebleeding” e consiste nel rifiutarsi di indossare qualsiasi tipo di assorbente, interno o esterno, o tampone durante il periodo mestruale, senza preoccuparsi della possibilità di sporcare vestiti, sedie, mezzi pubblici o altro.
Le prime proteste contro gli assorbenti
Questa protesta, esattamente negli stessi termini e condizioni, aveva già trovato terreno fertile negli anni ’70 del secolo scorso. Con la seconda ondata del movimento femminista, strettamente legata alla protesta portata avanti dagli hippy, il rifiuto dei tamponi intimi durante il periodo mestruale si era diffusa ampiamente come modo per rivendicare la libertà femminile da costrizioni imposte dalla società, in questo caso dal “decoro” di dover indossare lo scomodo assorbente.
Il ritorno del Freebleeding
Questa moda, placatasi dopo i turbolenti anni ’70, è tornata in vigore negli ultimi anni. La riscoperta di questa campagna è dovuta a un sito internet, 4chan, sul quale dei troll hanno ironicamente voluto rilanciare una falsa campagna femminista. I troll, recuperando l’antica parola chiave della battaglia degli anni ’70 e trasformandola in hashtag, hanno presentato la loro campagna sostenendo quanto assorbenti e oggetti simili siano in realtà oggetti che mettono in luce una imposizione di tipo ancora patriarcale. La bufala ha però generato una nuova spinta all’interno del movimento femminista, che ha utilizzato questa opportunità per far valere nuovamente i propri diritti. In particolare, le donne hanno richiesto di poter considerare gli assorbenti igienici non più beni di lusso ma beni di consumo, diminuendone così la tassazione.
Un consenso dopo l’altro
Il successo della campagna femminista ha però trovato dei sostenitori inaspettati che le hanno garantito una risonanza ancora maggiore. La giovane maratoneta statunitense Kiran Gandhi, ricercatrice all’Università di Harvard, partecipando alla maratona di Londra ha infatti deciso di affrontare la competizione, tenutasi nei giorni del suo ciclo mestruale, senza indossare gli assorbenti. In nome della lotta per i diritti femminili, la giovane si è fatta paladina della campagna #freebleeding e ha deciso di raccontare la sua presa di posizione sui social, garantendo non solo alla sua esperienza ma anche all’intero movimento femminista una grande diffusione.
Secondo quanto raccontato dalla Gandhi, tuttavia, la sua decisione di correre la maratona senza usare gli assorbenti ha anche un valore più profondo. In moltissimi paesi del mondo, infatti, le mestruazioni restano un tabù. In India, per esempio, sono molte le giovani che considerano il ciclo mestruale una malattia e che non sanno in che modo affrontare questa particolarità del loro organismo. Il pudore e la paura di affrontare liberamente questo argomento ha generato una cattiva informazione e in alcuni casi addirittura una mancanza totale di conoscenze a riguardo. Di conseguenza, la scelta della maratoneta ha avuto anche l’intenzione di far parlare finalmente di un argomento tanto naturale ma altrettanto considerato tabù e quindi ignorato.