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Peppino Impastato è diventato uno dei simboli della lotta contro la mafia. Emblematico è stato infatti il suo impegno per smascherarla ed estirparla dalla sua terra madre.
Peppino Impastato: chi era
Giuseppe Impastato, conosciuto soprattutto con il nome di Peppino, è nato a Cinisi, comune in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948. Il giovane Peppino nasce in una famiglia ai vertici della mafia del luogo. Il padre Luigi infatti era legato al boss mafioso Cesare Manzella, suo cognato, e a Gaetano Badalamenti. La sua attività mafiosa causa moltissimi conflitti con il figlio, sin dall’adolescenza di Peppino: il giovane infatti ha idee politiche di sinistra e si oppone alla mafia.
A soli diciassette anni Peppino fonda un giornalino socialista e si iscrive al PSIUP (Partito Socialista Italiano Unità Proletaria). Protesta attivamente insieme ai contadini contro l’esproprio delle loro terre per allargare l’aeroporto di Palermo. Non solo lotte ma anche cultura, soprattutto libera: Peppino insieme ai suoi amici fonda nel 1977 la famosa Radio AUT, una radio libera che denuncia soprattutto la mafia di Cinisi. In particolare Impastato, nella trasmissione satirica Onda pazza a Mafiopoli sbeffeggia i mafiosi e i politici corrotti, accanendosi in particolar modo contro Gaetano Badalamenti.
Il grande impegno per combattere la mafia, il coraggio di non tacere in un ambiente nel quale la mafia era quotidianità, la promozione della cultura hanno fatto di Peppino Impastato un simbolo di lotta per molti. A lui sono state dedicate molte iniziative artistiche. Per quanto riguarda il cinema, ad esempio, la sua storia è stata raccontata nel film I cento passi di Marco Tullio Giordana. Il giornalista è stato interpretato dall’attore Luigi Lo Cascio. Famosa è anche la canzone dei Modena City Ramblers dedicata al giornalista siciliano.
Peppino Impastato morte
Peppino Impastato decide, per cambiare le cose, di schierarsi in politica e quindi si candida alle elezioni comunali: purtroppo non arriverà alla conclusione della sua campagna elettorale perché il suo corpo senza vita verrà ritrovato il 9 maggio 1978 sui binari della ferrovia. Da subito la sua morte si rivela sospetta e si pensa prima ad un atto terroristico, in quanto il corpo del giornalista era ricoperto di dinamite, in seguito si pensa al suicidio. È solo grazie alla fervente e coraggiosa attività di denuncia da parte del fratello di Peppino, Giovanni, e della mamma Felicia che si arriva a decretare che l’omicidio Impastato è di matrice mafiosa. A riguardo, la nipote di Peppino ha dichiarato in un’intervista:
Ci sono voluti ventiquattro anni per avere giustizia. Io, che sono arrivata nove anni dopo la morte di Peppino ho vissuto gli anni duri della battaglia per avere giustizia. Ricordo bene che mia nonna Felicia all’inizio non voleva costituirsi parte civile perché temeva per la vita di mio padre. Quest’ultimo però, insieme a lei, ha deciso di combattere per rendere giustizia a Peppino. È stata una scelta coraggiosa quella di mia nonna, anche perché era sposata con un mafioso. Mia nonna ha denunciato da subito Gaetano Badalamenti che abitava a cento passi da casa.