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Arrigo Sacchi, storico allenatore del Milan con il quale ha vinto tutto, diceva che il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti. E per molti, indubbiamente, è così. Può piacere o meno, ma il calcio è a paletti lo sport più seguito al mondo e quello che registra le maggiori transazioni di denaro.
Una risposta può arrivare dagli ambiti sociologici-culturali. L’uomo nasce in un contesto in cui il calcio è un elemento predominante della sua vita. Poche ore dopo la nascita del bambino il papà sarà orgoglioso di immortalarlo in una foto con addosso il completino nuovo di zecca della propria squadra del cuore. Sin da piccoli, si è abituati a osservare il proprio papà che guarda con trasporto ed emozione la partita: magari ci si avvicina e incuriositi da tanta passione e si comincia a chiedere qualche spiegazione per poter comprendere perché papà per 90 minuti a settimana è così dedito a quel campo verde che trasmettono in televisione.
Crescendo, ormai ben forgiati dalle lezioni del padre, si comincia a sviluppare un proprio gusto e un proprio pensiero critico per poter interpretare un mondo tanto assurdo: il cuore comincia a battere forte quando si segna un goal e si comincia a sudare freddo quando segna la squadra avversaria.
In un processo continuo e graduale, si insidiano dei meccanismi di risposta emozionali semplicemente impensabili. Una volta che il calcio è talmente instaurato dentro al cervello, tanto da poter emozionare, il gioco è fatto. Siamo esseri umani e, come tutti, ciò che ci emoziona lo inseguiamo e cerchiamo di tenerlo stretto con tutte le forze, spesso rinunciando alla razionalità.
Si potrebbe controbattere a tutto questo: qualsiasi altro sport potrebbe essere in grado di portare queste emozioni. E allora, perché tra tutti il più seguito risulta proprio il calcio?
Il calcio nasce come sport per ricchi ma dopo pochissimo diventa la valvola di sfogo del popolo, un modo per emozionarsi e scaricare lo stress necessario soprattutto nelle categorie più “povere” della società. Il calcio, da sport di elite, si trasforma in una passione al servizio della massa. Il calcio è un gioco semplice e tutti possono più o meno imparare. In più, l’accesso alle partite viene garantito a chiunque voglia con prezzi adatti alle tasche di tutti.
A differenza del basket o della pallavolo, ad esempio, dove l’altezza è un requisito (quasi) fondamentale, oppure a differenza dell’atletica dove c’è bisogno di un fisico asciutto, il calcio non impone alcuna preferenza o requisito fisico. Chiunque può giocare a calcio e chiunque ha la possibilità di diventare un campione. Non è necessario essere abili nella corsa o nella forza, ogni caratteristica può essere complementare a quella del compagno di squadra. Il calcio, grazie a questa “democrazia della fisicità” permette a tutti di sognare o quantomeno di immedesimarsi in quei campioni che tanto vengono idolatrati.
Questa assenza di alcun predominio fisico ma esclusivamente tecnico, costringe il calcio a sviluppare meccanismi psicologici che si tramutano in tattica. La tattica è democratica quanto il calcio stesso e l’assenza di controprova permette a ogni appassionato di avvicinarsi senza timore a tale argomento. Ogni fan del calcio è legato a determinate idee che cambiano di partita in partita. Più partite si guardano e più aumenta la presunzione di un’ipotetica competenza.
Il mondo del calcio e quello dei soldi da sempre sono legati indissolubilmente. Questa presunzione della competenza spinge le persone a difendere le proprie idee con sicurezza tanto da scommetterci soldi. Si è iniziato da piccole scommesse fatte di persona nelle tribune dei primi campi, per poi passare alla compilazione del famoso “13” del totocalcio, fino alla visione delle quote su topscommesse.com dal proprio smartphone comodamente seduti sul divano. Oltre alle classiche scommesse sull’andamento delle partite, si è arrivati a creare realtà virtuali che prendono spunto dal calcio, come il Fantacalcio e addirittura alla creazione di videogiochi che ogni anno tengono incollati migliaia di utenti davanti allo schermo.
Un altro motivo per cui il calcio è così diffuso e amato è senza dubbio la divisione geografica. I mondiali e gli europei sono il massimo esempio di competizione dove si difende patriotticamente la propria nazione; poi, ci sono le squadre di club che spesso si ritrovano la pressione e il peso di dover rappresentare un’intera città. Spesso, più è vicina la squadra contro cui si gioca e più sale il livello emotivo: sembra quasi che si voglia rimarcare un dominio territoriale attraverso una semplice partita di calcio.