Argomenti trattati
Primark è indubbiamente uno dei brand low cost più amati. Nato nel 2002 e arrivato anche in Italia nel 2016, l’irlandese ha già aperto diversi punti vendita, il primo dei quali ad Arese. Ma a differenza di altri brand low cost non ha mai aperto uno shop online. Anche durante la pandemia, nonostante i suoi prodotti a basso costo siano molto richiesti, la famosissima catena ha rinunciato a questa possibilità.
Primark e il mancato shop online
Ha suscitato clamore la nuova apertura di Primark al centro commerciale Maximo di Roma. Nonostante la pandemia infatti, molte persone si sono accalcate davanti allo store, non curanti del decreto che impedisce assembramenti per la sicurezza di tutti. Alla luce di questi avvenimenti e in piena crisi dovuta alla situazione in cui ci ha costretti il Coronavirus, viene spontaneo chiedersi perché Primark non voglia aprire uno shop online. A differenza di altri brand low cost come H&M, Zara o Bershka che invece, già da tempo, ne sono provvisti. Non solo, anche brand considerati di lusso hanno ormai un e-commerce, come l’iconico Chanel che dopo tanta resistenza ha deciso di aprire uno shop online.
Perché Primark piace? Prodotti a prezzi stracciati, vasta scelta tra oggettistica, abbigliamento, make up e bigiotteria. Primark propone oggetti che molti appassionati si divertono a collezionare, come quelli marchiati Disney, Harry Potter, F.r.i.e.n.d.s., e Stranger Things su tutti. Primark rimane tra le catene low cost più apprezzate per acquisti personali o per fare un regalo spendendo veramente poco.
La politica ecosostenibile del brand
Ma allora perché non ha ancora aperto uno shop online? Una domanda che gli avventori più fedeli si ponevano già da molto tempo prima della pandemia e molto prima del suo arrivo in Italia. Per rispondere, dobbiamo guardare alla filosofia dell’azienda stessa.
George Weston, titolare del brand, ha spiegato che dietro il mancato e-commerce, risiede una scelta ecosostenibile. Una vendita in-store, ovvero nei negozi fisici, risulterebbe meno inquinante degli acquisti online, che inevitabilmente impiegherebbero l’utilizzo di aerei e trasporti su gomma, per consegnare i prodotti, inquinando più del necessario. Indubbiamente poi, i costi per l’apertura e il mantenimento di un sito e-commerce non sono indifferenti, senza contare le spese per la spedizione e i resi in caso di taglie errate o prodotti fallati.
Primark: la fast fashion che divide
La politica utilizzata da Primark divide da sempre. L’azienda infatti è spesso criticata per essere uno dei brand fast fashion per eccellenza, a causa della mole di capi prodotti e venduti a pochissimo prezzo. D’altra parte però, Primark ha dimostrato di essere particolarmente sensibile al benessere dell’ambiente, utilizzando cotone ecosostenibile per produrre l’abbigliamento e utilizzando sacchetti di carta al posto di quelli di plastica.
La pandemia, comunque, non ha risparmiato neanche questo brand che a causa delle chiusure obbligatorie volute dai vari dpcm, come tutte le aziende impiegate nel commercio, sta soffrendo una forte crisi. Inevitabile quindi chiedersi se prima o poi, il brand low cost irlandese cederà all’e-commerce affiancandolo ai negozi fisici.