Indovinello.
"Qual’è l’ambiente chiuso in cui gli abitanti non possono uscire, sono controllati notte e giorno, e in cui ogni tanto qualcuno viene eliminato?".
La comunicazione di massa avviene con esito positivo perché l’emittente dialoga con il destinatario con un linguaggio che quest’ultimo afferra al volo. In altri termini, la tv o la radio si rivolgono a noi impiegando un codice che evoca delle realtà che conosciamo bene.
Utilizza cioè dei simboli che rappresentano dei luoghi, fisici o immateriali, che percepiamo con chiarezza.
E li richiama alla nostra memoria anche in modo inconsapevole, subliminale, senza che ce ne rendiamo conto, adottando stereotipi e archetipi che popolano l’immaginario collettivo, patrimonio di rappresentazioni condivise da tutti.
Ad esempio.
Se una decina di anni fa qualcuno ci avesse somministrato un rebus del genere, cosa avremmo risposto?
"A cosa pensi se ti parlo di un ambiente chiuso, in cui gli abitanti non possono uscire, sono controllati 24 ore su 24, e in cui ogni tanto qualcuno viene eliminato?".
All’epoca, non avremmo di certo immaginato una casa o una fattoria. Ma avremmo fatto ricorso a quanto abbiamo (forse) studiato a scuola. O sentito raccontare nei documentari storici della tv o dai nostri nonni.
Se il quiz non contenesse il particolare dell’eliminazione, la risposta potrebbe essere ‘il carcere’. Ma la cancellazione sistematica e programmata dei residenti promuove il misterioso ambiente al top della gerarchia dell’orrore concentrazionario.
Gli archetipi, diceva Jung, sono forme universali del pensiero di grande valore affettivo, ma senza contenuto.
La metafora è chiara.
I loculi desolati della Casa dei tapini, o i disagi patiti dai vip della Fattoria o dell’Isola, ribaltano però l’archetipo della crudele lotta per la sopravvivenza da tragica realtà a parodia beffarda.
Il lessico giornalistico, che ricorre spesso a frasi del tipo "i sopravvissuti della Casa", rafforza l’evocazione.
Non è moralismo, ma l’illustrazione di un ingranaggio espressivo che permette agli "spettacoli di massa di volgarizzare gli archetipi", come afferma il sociologo Alberto Abruzzese.
E che fa leva talora sui nostri fantasmi interiori.
Sfido chiunque a sostenere che, una decina di anni fa, non avrebbe dato ad un enigma così formulato,
-Qual è l’ambiente chiuso in cui gli abitanti sono segregati, non possono uscire, sono controllati giorno e notte, e in cui ogni tanto qualcuno viene eliminato?-
questa dolente risposta.