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La sua storia è diventata un film, “Hurricane – Il grido dell’innocenza” con protagonista Denzel Washington. Ecco la vita di Rubin Carter, che ha ispirato la pellicola con la sua vita divisa tra pugilato e un lunghissimo processo.
Chi era Rubin Carter
Rubin Carter, soprannominato Hurricane (Clifton, 6 maggio 1937 – Toronto, 20 aprile 2014), è stato un pugile statunitense. Cresce nel New Jersey con i genitori e i sei fratelli distinguendosi tra questi per essere l’unico ad avere problemi con la giustizia. Finisce infatti spesso in riformatorio, sebbene fosse sempre ingiusto.
Decide a 17 anni di arruolarsi nell’esercito e pochi mesi dopo aver concluso l’addestramento viene mandato in Germania dove inizia a scoprire la boxe. Tornato a casa perchè inadatto al servizio è anche costretto a 10 mesi di carcere per essere fuggito dal riformatorio. In seguito per aggressione e rapina arriverà a scontare un totale di 4 anni.
La carriera di pugile e il successo
Durante gli anni di prigione ritorna ad interessarsi alla boxe e una volta fuori ha già il potenziale per diventare un professionista. Sebbene fisicamente non raggiungesse l’altezza della categoria peso medio, è li che combatte per tutta la sua vita. Si distingue per la sua aggressività e potenza che lo ha spesso portato ad ottenere diversi KO e che gli ha portato il soprannome di “uragano”.
Dopo una serie di vittorie registrate contro esponenti molto forti dell’ambiente inizia a farsi notare entrando anche nella “Top 10” della rivista Ring Magazine, specializzata nel pugilato. Con numerosi traguardi, tra cui quello contro il campione del mondo, riesce a salire sempre di più nella classifica mondiale.
Durante lo scontro contro Giardello però non riesce a vincere poichè dopo il primo round registra solo sconftitte. Così torna a perdere posizione nel ranking e registrare solo sconfitte con alcuni avversari importanti tra cui Dick Tiger.
Il processo e la liberazione finale
Il 17 giugno del 1966 si registra una sparatoria dentro “Lafayette Bar and Grill” di Paterson che già dalle prime indagini farebbe risalire a Carter. La sua macchina infatti sembra coincidire con quella vista dai testimoni e nella quale si trova un’arma identica a quella utilizzata dagli assassini. Si sospetta infatti che questi siano Carter e Artis che però dopo l’interrogatorio devono essere rilasciati per mancanza di prove.
Diversi mesi dopo attraverso una serie di nuove dichiarazioni si riesce ad ottenere la conferma della loro colpevolezza e così vengono arrestati. Il periodo in carcere porta Carter a scrivere la sua biografia e diventare oggetto di grande discussione. Bob Dylan gli dedica addirittura una canzone, “Hurricane”.
Il processo in realtà risulta essere molto più complesso di così poichè i testimoni ritrattano le accuse portando così ad un nuovo processo in cui Bello, testimone, torna nuovamente ad accusare i due facendoli incarcerare nuovamente a vita. Il caso attira l’attenzione di giovani canadesi che si muovono contro lo svolgimento del processo considerato inequo e basato su pregiudizi razziali. Carter e Artis riescono così ad essere rilasciati e il grande pugile si ritira e conclude la sua vita con tranquillità.
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