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Il Tribunale di Belluno si è pronunciato sul caso di Samantha d’Incà, la ragazza di 30 anni in coma vegetativo da 11 mesi, autorizzando di fatto Giorgio e Graziella, il padre e la madre, a staccare la spina previo parere dei medici e nomina del genitore a tutore della giovane.
Il 10 novembre il papà sarà nominato dal Tribunale amministratore di sostegno della figlia e potrà chiedere all’équipe medica che la segue l’interruzione delle cure e la sedazione fino alla morte. Ancheil Comitato etico e il procuratore bellunese hanno dato il via libera ad accompagnarla al decesso.
“Abbiamo perso tante battaglie ma alla fine abbiamo vinto la guerra. Aveva ragione mio marito: finché avremo respiro, diceva, lotteremo per la dignità e il rispetto che Samantha merita“, ha commentato la mamma della giovane che ha ribadito come la figlia non avrebbe mai voluto vivere così.
“Finalmente ci hanno creduto e ci concedono questo atto d’amore, soffrire a volte è peggio di morire“, ha concluso.
Samantha è in coma da 11 mesi dopo aver subito un’operazione chirurgica seguita alla frattura del femore. Qualche giorno dopo le dimissioni dall’ospedale, a novembre 2020, aveva iniziato a sentirsi male e ad avere dolori e gonfiori su tutto il corpo.
In breve tempo la sua situazione è precipitata e il 4 dicembre del 2020 è entrata in coma. Non si sa esattamente cosa sia successo, molto probabilmente è stato un batterio a farla aggravare. Da quel giorno vive attaccata ad una spina in una Rsa di Belluno dove secondo i medici non ha possibilità di riprendersi.
La giovane non aveva lasciato un biotestamento scritto ma si sarebbe più volte espressa contro il ricorso all’accanimento terapeutico.
Di qui la battaglia dei genitori per porre fine alle sue sofferenze.