Durante la seconda serata di Sanremo 2021, la cantante Elodie, co-conduttrice con Amadeus per l’occasione, ha messo in scena un monologo emozionante sulla sua vita e la sua vocazione da cantante.
Sanremo 2021, il monologo di Elodie
Buonasera a tutti, sono Elodie e per parlare davanti a voi questa sera ho dovuto abbattere un muro. Perché quando Amadeus mi ha chiesto: “Mi piacerebbe che raccontassi qualcosa di te” mi sono spaventata.
Ha esordito così la cantante romana Elodie Di Patrizi durante il suo monologo alla seconda serata del Festival di Sanremo 2021, durante la quale ha affiancato Amadeus nella conduzione. Un monologo profondo e toccante, nel quale Elodie ha raccontato parte della sua vita e della sua vocazione da cantante, mettendo in risalto le difficoltà che ha dovuto affrontare.
Parlare in pubblico non mi ha mai messa molto a mio agio, ma poi ho riflettuto sul fatto che tutte le volte che sono riuscita ad abbattere un muro sono successe cose molto belle nella mia vita. Allora ho deciso di darmi una possibilità e raccontarvi un pezzo di me. Io vengo da un quartiere popolare di Roma, un contesto di borgata, una realtà onesta ma crudele e straordinaria dove ci sono persone demoralizzate e arrabbiate. Io ero una di quelle.
Il mio quartiere mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto. Non parlo solo delle privazioni materiali come non avere l’acqua calda, non arrivare a fine mese o non riuscire a pagare le bollette. Parlo anche della forza di sognare, del coraggio di sognare. Io ho sempre voluto fare questo mestiere fin da bambina, ma mi sembrava un sogno troppo grande per una bambina così piccola come me. Non mi sentivo all’altezza. Non mi piaceva la mia voce. E soprattutto mi accorsi che non avevo gli strumenti. Tante volte non mi sono data una possibilità: non ho finito il liceo, non ho preso il diploma, non ho preso la patente, non ho studiato canto. Ho sbagliato lo so. È difficile però in certi contesti riuscire a focalizzarsi su quello che vuoi essere da grande, qual è il tuo sogno, che cosa puoi fare di te.
Ha citato poi una canzone del suo fidanzato Marracash, il brano intitolato Skit:
Il mio fidanzato, in un suo pezzo dice: “Voi ci rubate il tempo, che è l’unica cosa che abbiamo” e lo comprendo molto bene perché se nasci in certi contesti devi lavorare più degli altri per ottenere quello che dovresti già avere. Quindi lavori più per sopravvivere ed è difficile mettere a fuoco il tuo sogno e lavorare su te stesso.
In conclusione del suo monologo la cantante, visibilmente emozionata, ha voluto omaggiare il jazzista Mauro Tre. Infine ha spronato coloro che hanno un sogno a perseguirlo con tutte le loro forze:
A vent’anni avevo deciso che per me la musica era già finita e non cantavo più neanche nella doccia. Però sono stata molto fortunata perché ho fatto un incontro fortunatissimo. Ho conosciuto un musicista, un pianista jazz, Mauro Tre, che stasera è qui con me sul palco. Ci tenevo a ringraziarti in uno dei miei momenti più importanti, perché tu mi hai dato una possibilità dove non me la sono data io ed è importante. Tutti ci meritiamo un momento importante nella vita.
Non mi sentivo all’altezza del jazz, troppo raffinato. Al jazz invece non interessava da dove arrivassi perché è un pregiudizio degli esseri umani. Ed io sono stata la prima ad avere un pregiudizio su me stessa. Quello che mi ha insegnato Mauro, la vita, la musica, è che non bisogna sempre sentirsi all’altezza delle cose. L’importante è avere il coraggio di farle e poi tutto si aggiusta in corsa. Probabilmente io non sono all’altezza di questo palco, dell’orchestra, di tutta questa attenzione, ma essere all’altezza non è più un mio problema.
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