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Era un caldo agosto del 2010. In un paesino del Sud Italia, ad Avetrana, la giovanissima Sarah Scazzi è stata assassinata brutalmente. La tragica vicenda ha scosso tutta l’Italia, che ha seguito passo passo le indagini della polizia per anni, fino alla condanna. A rendere la vicenda ancora più inquietante è il fatto che i colpevoli sono proprio i parenti della vittima.
Una vicenda così drammatica sembra un film. Dev’essere quello che hanno pensato i produttori di Rete 4, che hanno deciso di trasformare la storia di Sarah in un programma TV andato in onda il 16 gennaio: “Terzo indizio”.
Una tragedia familiare
Quella di Sarah Scazzi è una storia che ha sconvolto l’intera Italia. Innanzitutto per la giovane età della vittima: appena 15 anni. Era solo una ragazza, che come tutte le sue coetanee voleva solo godere appieno dell’estate, delle vacanze, e che sognava una vita spensierata. Invece la sua esistenza è stata tragicamente spezzata in quell’agosto del 2010.
Ricorderete senz’altro Michele Misseri, zio di Sarah, da subito sospettato dell’omicidio. Era stato proprio lui a permettere il ritrovamento del cadavere. In seguito, le indagini l’hanno scagionato dalle accuse di omicidio, condannandolo “solo” per occultamento di cadavere e inquinamento delle prove. Si è poi scoperta una verità ancora più agghiaccianti: a uccidere Sarah sono state due donne della sua famiglia. Precisamente, la zia e la cugina.
“Terzo indizio”
Tutta la vicenda era stata seguita da vicino dai media. Non solo giornali e telegiornali, ma anche i talk show avevano più volte ospitato esperti e personaggi implicati nella tragica storia di Sarah. Oggi questa attenzione è arrivata al culmine. Mediaset ha infatti deciso di produrre e mandare in onda “Terzo indizio“. Si tratta di una docu-fiction sul caso Sarah Scazzi. La prima puntata è stata trasmessa il 16 gennaio da rete 4. Il risultato? Migliore delle aspettative. L’episodio ha realizzato il 6.4% di share, tenendo incollati alla televisione ben un milione e mezzo di spettatori. Una cifra decisamente più alta rispetto alla media del canale.
Ai produttori del programma è subito stato chiaro che la vicenda di Sarah contiene tutti gli indizi per un programma di successo. Il delitto di una quindicenne basta a suscitare l’interesse del pubblico, accresciuto dalla faida familiare e dal contesto di Avetrana, quello di un paesino di provincia che sembra un mondo a parte.
L’obiettivo del programma
“Terzo indizio” in realtà non si concentra tanto sul delitto e sulle indagini, quanto sui mesi precedenti al tragico evento. L’obiettivo è quello di ricostruire la vita di Sarah, le sue vicende personali e familiari, in un crescendo fino ad arrivare al delitto. Il tutto è presentato nella forma del docu-fiction, ovvero una mescolanza di serie TV e documentario. Si alternano i momenti di fiction con attori professionisti (tutti scelti nei teatri salentini) e le interviste da documentario; il tutto è coordinato dalla conduzione di Barbara De Rossi.
I dubbi e le critiche
La messa in onda del programma ha suscitato non poche critiche e dubbi. È giusto trasformare una vicenda così drammatica in uno sceneggiato per la televisione? Non dimentichiamo che quella di Sarah Scazzi è una storia vera, in cui sono coinvolte persone in carne e ossa, la cui vita è stata sconvolta in quel lontano 2010.
Gli italiani hanno la tendenza a voler seguire fin troppo da vicino le vicende di cronaca nera. Basta pensare a tutti i celebri casi giudiziari che in questi anni sono diventati protagonisti assoluti dell’informazione in TV e sul web: il delitto di Cogne e quello di Garlasco, l’omicidio di Meredith Kercher o quello di Yara sono solo alcuni esempi. Questo atteggiamento, in parte comprensibile, dimentica che le persone coinvolte in queste vicende meritano rispetto e privacy. “Terzo indizio” rappresenta esattamente l’opposto.