È una delle domande che si pongono in continuazione tutti coloro che lavorano nell’ambito teatrale (ma anche nel cinema, pur se in maniera meno ossessiva): ha ancora senso portare sulla scena delle opere che hanno ormai raggiunto non lo statuto di classico, ma di vera e propria istituzione teatrale?
A che pro produrre l’ennesimo allestimento di uno dei tanti capolavori di Shakespeare? Fermo restando che in testi del genere è possibile trovare mondi interi da attivare attraverso il processo di interpretazione registica, è sempre possibile riprendere la vicenda ormai arcinota al pubblico e cambiare il punto di vista attraverso il quale viene raccontata.
È quanto deve aver pensato l’attore, insegnante e drammaturgo gallese Gareth Armstrong, il quale è divenuto famoso proprio grazie al suo one-man show Shylock, un’opera che prende avvio da Il mercante di Venezia del Bardo per proporre uno spettacolo interamente inedito.
La Compagnia dei Demoni di Genova porta la rivisitazione shakespeariana al Teatro Area Nord di Napoli, dove andrà in scena da questa sera fino al 26 gennaio. Interpretato e diretto da Mauro Parrinello, con la voce di Federico Giani, Shylock è un’indagine su una delle figure più controverse dell’intera storia del teatro, che si pone una domanda fondamentale: chi è quel mercante ebreo che chiede con ferocia inumano una libbra di carne del suo debitore? Un mostro o solo un reietto della società? Un folle o un uomo solo?
Il modo migliore per rispondere ai quesiti secondo Armostrong è quello di lasciare fuori scena Shylock, lasciando che a parlare sia uno dei personaggi più marginali della tragedia (ha 8 battute in totale): Tubal, l’unico amico del commerciante, e l’unico altra figura ebraica a comparire nelle opere di Shakespeare.
Sarà lui a ripercorrere il triste destino dell’amico, con l’obiettivo di riabilitarne la figura e di rivelare con incredibile ironia chi sia l’uomo che si nasconde dietro il personaggio. Ma è anche l’occasione per Tubal di prendersi la propria rivincita, di concedersi un momento di gloria, e di far conoscere il proprio punto di vista su una storia di intolleranza e vessazione.