Il format più diffuso della Pubblicità, lo spot televisivo della durata di trenta secondi, ci ha lasciati all’età di soli cinquant’anni.
Ne annuncia la fine prematura sul Financial Time uno dei suoi Padri meglio ripagati: Maurice Saatchi, ebreo sessantenne nato a Baghdad, co-fondatore dell’agenzia Saatchi&Saatchi e creativo tra i più ricchi nel mondo.
Per celebrare la triste dipartita, Lord Maurice ha affidato alle pagine del Giornale economico londinese una parodia di orazione funebre dal plot vagamente poliziesco e dal titolo giallo: "La strana morte della pubblicità moderna".
Il suo requiem si conclude all’insegna della Speranza.
Lucroso erede del compianto trapassato sarà infatti il business della Parola-chiave, formula di reclame ideale per l’imminente Futuro che a molti di noi non può non richiamare il popolare slogan recitato da Tino Scotti negli anni ’70 per promuoverre un lassativo: ‘Falqui, basta la Parola!’
"Qualche volta – scrive Saatchi- mi sento come se stessi sulla tomba di una cara amica chiamata pubblicità. Il rito funebre è già stato completato.
Anche i becchini hanno già fatto il loro dovere. I congiunti sono riuniti. Ma la maggior parte di essi è imbarazzata ad ammettere che era amico della defunta. ‘Pubblicità?’, dicono, ‘no, non sono del mestiere’. A soli 50 anni, la pubblicità è stata fatta fuori nel fiore dell’età".
La causa della morte precoce è stata individuata grazie all’’autopsia’ effettuata da sociologi , psicologi e neuroscienzati.
Tutti giunti all’unisona conclusione che il motivo del trapasso dello standard televisivo è da ricercarsi in una grave carenza ‘affettiva’ che ne aveva reso vuota ed inutile l’esistenza: la mancanza di attenzione da parte dei giovani di oggi, addestrati dalla civiltà digitale ad esaminare più realtà contemporaneamente, ma sempre più in superficie.
"Questo, a quanto pare, è ciò che rende possibile a un adolescente di oggi, nei 30 secondi di un normale spot tv, di: fare una telefonata, mandare un sms, ricevere una foto, giocare, scaricare un file musicale, leggere un giornale e guardare uno spot a velocità x 6. La chiamano CPA (attenzione parziale continua). Risultato: la percentuale di memoria postuma di uno spot visto il giorno prima è calata dal 35% degli Anni 60 al 10% di oggi…"
Ma, come anticipato, la prematura defunta ha già un’erede: la pubblicità basata su una parola-chiave.
"Dunque, dicono, sociologia, tecnologia e psicologia hanno messo la pubblicità nella bara.
Se hai un business nel settore, hai un piede nella fossa. Che fare? Non resta che pregare. Come si conviene, una Bibbia è a tua disposizione nella bara. E siccome sei un timoroso di Dio, la sfoglierai. E, per grazia divina, ti cadrà ai piedi, aperta proprio alla pagina che può indicarti la via di salvezza. La salvezza è nel Vangelo di Giovanni: ‘All’inizio era il Verbo… E il Verbo era Dio’.
Nessun copy avrebbe potuto scriverla meglio… Trova la parola, e avrai trovato la salvezza. E la vita eterna".
Il format che sostituirà lo spot di oggi, secondo Saatchi, sarà dunque basato sulla parola chiave da associare al proprio business, sulla falsariga dell’abbinamento virtuoso creato da Google con la keyword «search» (cerca).
La parola indovinata, diventa una risorsa produttiva, un capitale, sulla base del nuovo slogan- chiave per i pubblicitari coniato da Saatchi: ‘one word equity’.
La traduzione in italiano dell’articolo del Financial Time è tratta da questo pezzo de La Stampa Web,che si può leggere anche su My Marketing. Contiene anche i commenti alla tesi di Saactchi dei creativi e degli studiosi di Pubblicità italiani Vai al profilo di Maurice Saatchi Guarda gli spot più famosi di Carosello, progenitore della Pubblicità italiana, nel sito sulla storia di Carosello della Sipra Guarda i video anche su MondoCarosello