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Fast fashion. Sicuramente avrai già sentito quest’espressione, applicata molto spesso ai gradi marchi internazionali di abbigliamento buon mercato, accessibile a tutti, ma la cui durata è limitata a un paio di stagioni. Lasciarsi tentare da questa tendenza è molto semplice, dopotutto, è facilissimo imbattersi in un negozio di una grande catena, entrare “per dare solo un’occhiata”, e uscirne con due o tre capi, acquistati magari in saldo con pochi euro, che saranno poi indossati in quel paio di occasioni prima di diventare spazzatura. La “moda veloce”, come si traduce questa espressione in italiano, si basa appunto su questo: tempi di produzione rapidi, costi limitati, un utilizzo nel breve periodo, per poi ricominciare. Meno lusinghiera, ma più efficace, è la traduzione “moda usa e getta”.
L’industria della moda, oggi, è una tra le più inquinanti del pianeta, ancora più dell’industria dei trasporti e di quella alimentare. La cosa ti stupisce? Se ripensi alla situazione appena descritta e la moltiplichi per la gran parte degli abitanti dei paesi occidentali, per ogni stagione, non è poi così strano. Alla base della scarsa sostenibilità ambientale del settore ci sono processi di produzione inquinanti e ad alto consumo di risorse naturali, oltre che la difficoltà a smaltire i rifiuti tessili. Questi occupano infatti il 5% delle discariche di tutto il mondo, e sono spesso costituiti da materiali sintetici che non possono essere smaltiti del tutto.
Ma quali sono le alternative a questo sistema, e cosa possiamo fare noi in prima persona?
La buona notizia è che non dovrai smettere di acquistare vestiti per il resto della tua vita. Molti marchi di moda si sono posti il problema e hanno intrapreso percorsi incentrati alla sostenibilità. Grazie a Internet è ora possibile informarsi con pochi clic e scegliere da quali negozi comprare se si vuole fare una scelta etica e rispettosa per il pianeta.
Sono diverse le aziende di abbigliamento che hanno deciso di intraprendere un percorso virtuoso e conciliare la necessità di profitto con la priorità di salvaguardare le risorse naturali. Ne è un esempio il brand ed e-commerce NA-KD, che dalla notoriamente attenta all’ambiente Svezia si è esteso su tutti i mercati europei. NA-KD basa il suo modello su valori quali la parità, l’inclusività e il rispetto per la natura, e li mette in pratica tramite buone pratiche nel presente e obiettivi chiari e concreti per il futuro. Sulla loro pagina dedicata alla sostenibilità puoi trovare gli obiettivi raggiunti e quelli futuri, e uno dei capisaldi della loro politica è l’idea di circolarità.
Se l’idea di sostenibilità è bene o male entrata a far parte dell’immaginario di tutti, che cosa intendiamo esattamente per circolarità? L’economia circolare è un modello che punta alla condivisione, riuso, riparazione, prestito, eccetera, di un prodotto. In pratica, significa non lasciare che un oggetto venga acquistato, utilizzato e gettato, secondo un modello lineare, ma fa sì che esso rimanga per il maggior tempo possibile in utilizzo e svolga la propria funzione prima di essere eliminato. In secondo luogo, significa far sì che una volta esaurita la sua funzione, il prodotto possa essere smaltito con il minor impatto ambientale possibile.
Per immaginare questo modello applicato alla moda, ripensiamo alla situazione descritta all’inizio di questo articolo: se esso rappresenta il vecchio sistema lineare, come si può invertire la rotta e rendere la moda circolare?
Per le aziende come NA-KD, significa un approccio creativo alla produzione che implichi l’uso di materiali di alta qualità e fatti per durare nel tempo, ma anche il più possibile naturali e non impattanti sull’ecologia. La moda circolare si basa sull’utilizzo di materiali che siano i biodegradabili o riciclati e facilmente riciclabili, per impedire alle microplastiche di disperdersi nell’ambiente.
Ma l’idea di circolarità non si riduce solo alla scelta dei materiali, ma a un ripensamento delle proprie abitudini in fatto di abbigliamento, per introdurre pratiche volte alla condivisione e al riuso. Come? Tramite iniziative come la rivendita di capi pre-loved, cioè di seconda mano, direttamente tra gli utenti con una pagina dedicata sul proprio sito. O ancora, l’introduzione della possibilità di prendere i capi in affitto per un’occasione speciale o per un breve periodo.
Invertire la rotta di un settore della moda basato su un consumo scriteriato e insostenibile non è solo possibile, ma già in atto. A partire dalle aziende che stanno facendo passi concreti in questo senso, ma anche, e soprattutto, a partire da scelte consapevoli che anche noi possiamo fare, prima di recarci a fare shopping nel nostro negozio di abbigliamento preferito o online.