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Gli antenati degli assorbenti, per come li conosciamo oggi, risalgono alla fine dell’800. Dovremo aspettare l’inizio degli anni ’70 per vedere l’assorbente usa e getta venire alla luce, prima di questo infatti, si utilizzavano dei ritagli di tessuto o pezze lavabili.
La tanto discussa “tampon tax” vede la luce nello stesso periodo, ovvero quando si è iniziato a pensare a questi prodotti igienico-sanitari (tra cui anche i pannolini) come beni non essenziali e quindi tassati al 22%. Appare chiaro come la tampon tax appartenga ormai ad un’altra epoca ormai lontana. Perché quindi, risulta così tanto difficile abolirla?
Tampon tax, perché abolirla: i primi disegni di legge
Il primo disegno di legge per ridurre l’Iva sugli assorbenti al 4% risale solo al 2016. Una proposta inizialmente ignorata ma che ha contribuito sicuramente a rendere la tampon tax parte del dibattito pubblico. Successivamente, nel 2020, passa un emendamento che sancisce l’abbattimento dell’Iva su coppette mestruali e più in generale sui prodotti igienico-sanitari, ma solo se biodegradabili ed ecosostenibili.
È già qualcosa, ma purtroppo non basta. Tra gli stati che fanno parte dell’Unione Europea infatti, l’Italia sembra essere ancora troppo indietro sull’argomento: se in Regno Unito, per esempio, la tampon tax è appena del 5%, in altri Paesi questi prodotti sono considerati beni di prima necessità distribuiti gratuitamente nelle scuole.
Quanto costano le mestruazioni in Italia
In Italia, le mestruazioni sono un lusso che non tutte le donne possono permettersi. Già, perché a proposito di costi si è stimato che nell’arco temporale di un anno, una donna arrivi a spendere tra i 70 e i 126 euro per comprare gli assorbenti. Una cifra che comunque può variare a seconda delle esigenze dettate dal ciclo mestruale.
Inevitabilmente si è iniziato a parlare di povertà mestruale. Non sono poche infatti, le donne che non possono permettersi di comprare un assorbente o un pannolino a causa dei costi elevati. Contrariamente a quanto si possa pensare, è una situazione non poco problematica che non riguarda esclusivamente realtà lontane da noi, ma coinvolge tutti quei paesi in cui questi prodotti non sono considerati beni di prima necessità.
Una questione non più solo femminile
Alla luce di tutti questi dati e di tutte le proposte risolte in un nulla di fatto, appare quindi chiaro che ancora prima di abolire la tampon tax bisogna abbattere tutte quelle barriere socio-culturali con cui si è circondato l’argomento delle mestruazioni. Oggi non può essere considerato solo un “affare delle donne”, ma deve necessariamente coinvolgere anche gli uomini. Se infatti un tempo il ruolo delle donne era relegato alla sola vita domestica e prendere le decisioni in larga scala per il Paese, era prevalentemente un compito da uomini, oggi una buona percentuale di donne ricopre anche una carica politica.
Viene da sé che non si può più fare finta di niente davanti alla tampon tax e un lavoro di sensibilizzazione culturale è quindi necessario per garantire il diritto alla salute (e alla dignità) di tutti.
La proposta firmata da Matteo Richetti
Tra chi ha deciso di battersi contro la tampon tax anche Matteo Richetti, il senatore di “Azione” che nel maggio 2021 ha presentato un ddl da lui firmato con cui si chiedeva il riconoscimento ai prodotti igienici femminili il carattere di necessità e la riduzione della tassa al 4% non solo per questi prodotti, ma anche per quelli biodegradabili e lavabili già al 5%.
Contemporaneamente a questi primi punti è stata fatta anche la richiesta di un credito annuo di 50 euro da erogare sulle tessere sanitarie delle donne tra i 18 e i 50 anni e la distribuzione gratuita di assorbenti nelle scuole, come abbiamo già visto fare da altri Paesi. E voi? Siete d’accordo con queste possibili misure da adottare?