Un ritratto storico che affronta la questione razziale americana
In circa un lustro il regista Lee Daniels si è affermato come una delle voci emergenti del cinema americano.
Produttore di alcuni film di grandissimo successo come Monster’s Ball e The Woodsman, nel 2005 Daniels ha esordito con Shadowboxer, storia d’amore criminale e anomala con protagonisti Helen Mirren e Cuba Gooding Jr.
Ma è con Precious del 2009 che scoppia il “fenomeno” Daniels, dato che la pellicola è il perfetto esempio della cifra stilistica del cineasta: tema di grande interesse sociale (la storia di una ragazza afroamericana in sovrappeso, vittima di abusi e violenze famigliari), un cast composto da attori professionisti e una serie di figure provenienti dal mondo della musica (Lenny Kravitz e Mariah Carey), impegno e commozione assicurati. È un approccio che divide in maniera netta il pubblico a seconda della percezione della retorica emotivamente manipolatrice del film, odiato con ferocia così come osannato dalla folla.
Tre anni dopo va meno bene con The Paperboy, presentato a Cannes e sommerso dai fischi. Non bastano le molte star (Zac Efron, Nicole Kidman, Matthew McConaughey, John Cusack), e le scene trash-shock (in particolar modo quella in cui la Kidman urina su Efron), e il film, una crime story investigativa dalle sfumature drammatiche, finisce nel dimenticatoio.
Nel 2013 Daniels si rimette in carreggiata con The Butler, opera tratta da una storia vera che finalmente arriva anche nelle sale italiane. Protagonista incontrastato è Forest Whitaker nei panni di Cecil Gaines, maggiordomo di colore della Casa Bianca che prestò servizio presso i differenti Presidenti degli Stati Uniti nel turbolento periodo (sopratutto per la questione razziale) che va dal 1957 al 1986. L’ideale traguardo del viaggio nella storia di Cecil è in effetti l’elezione di Barack Obama, il primo leader americano di origini africane. Cecil, sposato con la premurosa Gloria (Oprah Winfrey) sceglie di non interessarsi mai di politica, preferendo rimanere un impassibile servitore: una decisione che lo mette in contrasto con il figlio, fervente attivista e agitatore ai tempi delle Black Panther, di Martin Luther King e della guerra del Vietnam.
Vediamo sfilare sullo schermo, in una sorta di Forrest Gump meno spensierato, il Presidente Nixon (John Cusack), la first lady Nancy Reagan (Jane Fonda) e Ronald Reagan (Alan Rickman), Lyndon B. Johnson (Liev Schreiber), Dwight Eisenhower (Robin Williams), John F. Kennedy (James Marsden). Inevitabili, infine, le comparsate della Carey e di Kravitz.